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Nando

IV, n.2 (marzo 1956)

 

Nando vuol essere sperimentatore e teorico dell’arte. Più che realizzare il quadro a lui interessa capire il filo critico che porta a quel quadro a lui interessa capire il filo critico che porta a quel quadro e quello che se ne diparte. «E’ un fatto - egli dice - che mi sono messo a dipingere non quando ho amato van Gogh e Picasso ma quando ho capito Van Gogh e Picasso. Mi è apparso il loro un meraviglioso mistero e mi ci sono buttato dentro».

Nato nel ’12 a Venezia da parte di padre di Assisi e madre di Mantova, egli fu dapprima tra Modena e Roma ragioniere e maestro di violino; abbandonò quindi la casa per salvarsi dalla facoltà di scienze economiche; fece la solita boheme, un amico lo convinse a scrivere battute umoristiche per un giornale umoristico. Visse a Roma qualche tempo, poi si ritirò ad Assisi a studiare latino, greco e filosofia, prese la licenza liceale, si iscrisse alla facoltà di lettere di Pisa, finché andato a Milano, scoprì la sua vocazione di sperimentatore e teorico dell’arte. Ricordiamo la sua prima mostra di quadri con la crosta alta almeno un dito, succulenti come pasta di mandorle. Erano ritratti della Bergman, di Anna Magnani, di Rossellini. Nando pagava allora all’umorismo il suo primo tributo di sperimentatore. Quei quadri avevano il naso, le orecchie, gli zigomi simili alle maschere di carnevale; non erano affatto allegri, rassomigliavano più ai rilievi delle montagne e dei fiumi, come li fanno i ragazzi sulle spiagge, che ai lineamenti delle persone effigiate. Dall’orografia all’ortografia il passo è breve. Bianco di zinco, legno compensato, chiodi su tela, fornirono a Nando nel ’52 l’occasione per passare definitivamente al decorativismo puro. Il legno, seguendo in parte i motivi naturali delle venature, fece da lavagna, i chiodi appuntati sulla tela da alfabeto.

Nando con Fontana, con Burri, con Rotella e il povero Fasola, insistono continuamente sulla simbiosi arte-scienza, arte-tecnica. Non potendo diventare fisici e matematici, diventano meccanici e giocattolai (come Calder o come Munari) o decoratori-architetti, come Nizzoli. Il difficile contributo allo stile che essi ambiscono sceglie per ora la via più rapida, quella della moda. Ecco perché le loro produzioni, quelle di Nando e degli altri, e perfino quelle di Calder, entrano nei negozi, nelle vetrine, negli stand pubblicitari e arrivano, poi, alle Gallerie e ai Musei. E’ una piccola école politechnique che si va formando in Italia, più che una scuola d’arte. Dall’Ecole Politechnique in Francia uscirono i poeti come Lautréamont e i matematici come Galois. Da noi questa rivolta contro le Accademie e il gusto borghese contro l’arte sublime e inutile, contro lo scacciapensieri, sta davvero trovando la giusta via, la via nuova.

04 Settembre 2023

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