Sinisgalli poeta delle macchine
Ricordo dello scrittore-ingegnere lucano a 10 anni dalla scomparsa
di GIUSEPPE TEDESCHI
La figura e l'opera di Leonardo Sinisgalli sono state ricordate, nel decennale della morte (31 gennaio 1981), a Montemurro, suo paese natale. Si sono alternati nel celebrare il poeta-ingegnere il sindaco di Montemurro Antonio Santomartino e Mario Trufelli, Giuseppe Appella e Vanni Scheiwiller, Stefano Giovanardi e Elio Filippo Accrocca, Riccardo Cucciolla (che ha letto magnificamente testi sinisgalliani) e il sottoscritto (che ha ricordato i lunghi anni di lavoro con lui all'Eni). L'on. Emilio Colombo, anch'egli lucano e amico, oltre che ammiratore, del poeta, dopo la presentazione del libro Le "carte lacere" di Sinisgalli, appena pubblicato da Giuseppe Appella nelle sue Edizioni della Cometa, ha chiuso le manifestazioni con un testo molto caldo e molto vivace ("Incontri con Leonardo Sinisgalli").
Insieme a tutti questi interventi (per la verità un po' devozionali e un po' ufficiali), sono stati gli interventi di tanti studenti e di tanti compaesani, susseguendosi in letture di versi e in ricordi, a dare la misura di come sia forte, nitido e stabile il retaggio umano e culturale di questo atipico e grande autore del nostro Novecento.
Io stesso che pure ho letto e recensito tutto, che pure ho lavorato a tante carte edite e inedite per preparare (insieme a Franco Vitelli) Tutte le poesie di Sinisgalli in uscita da Mondadori, sono rimasto sbalordito dalla conoscenza e dalla precisione messa in mostra da questi suoi compaesani e dal loro orgoglio di sapere che da queste stesse contrade si incamminò un giorno uno come loro (con in più, va detto, le difficoltà e le povertà di quegli Anni Venti) per diventare un grande nome e un maestro in tutti i settori in cui scelse di cimentarsi.
È vero. Tutto, del resto, è documentato. Già alla maturità scientifica conseguita a Napoli nel 1925 risulta primo fra tutti gli studenti del Sud (10 in italiano, in disegno, in matematica e 10 o 9 in tutte le altre materie: una mostruosità). Analoghi trionfi all'università di Roma, facoltà di matematica pura. Ma insieme agli studi scientifici il ventenne Sinisgalli coltiva, con uguale passione, l'arte e la letteratura in compagnia di Scipione e Falqui, De Libero e Mafai e con la supervisione del già maestro Ungaretti.
Nel 1934, appena laureato in ingegneria, giunge a Milano, città che tanta parte, poi, avrà nella sua vita. Sono gli anni degli incontri e del sodalizio fraterno con Cantatore e Quasimodo, Zavattini e Gatto, Carrieri e Tofanelli.
Del 1936, è il suo primo libro di versi, le ormai mitiche 18 poesie nelle edizioni di Scheiwiller. Ne scrivono, entusiasti, Cecchi e Ungaretti, Ruggero Jacobbi e Carlo Betocchi, un po' meno il nostro Giancarlo Vigorelli su L'Italia del 13 gennaio 1937 (segno che già allora il ventiquattrenne Vigorelli era capace di giudizi, indipendenti e non di cordata).
A partire da quegli anni l'astro sinisgalliano è riuscito a brillare nei settori più disparati: nella poesia e nella narrativa, nella saggistica letteraria e in quella artistica, nella prosa di costume e in quella scientifica (Quaderno di geometria e Furor mathematicus sono quasi dei classici del settore), nella ideazione di maestose campagne pubblicitarie (Olivetti, Eni, Alitalia) e nella direzione di riviste aziendali (come Civiltà delle macchine, nota in tutto il mondo), nel disegno, nella pittura, nella fondazione di gallerie d'arte
Tutto ciò è scritto e documentato in tutte le storie del Novecento. Come è scritto e documentato che egli rimane il nostro artista contemporaneo più prensile e più versatile, il più rabdomantico: l'unico come ha scritto Gianfranco Contini, di cui possa parlarsi di "spirito rinascimentale e illuministico".
Il Giorno, 10 febbraio 1991
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