Ode a Lucio Fontana
di Leonardo Sinisgalli
in La Tartaruga
n.10 (mag 1993)
Sono lontano da Milano,
sono lontano dalla giovinezza.
Via Velasca, via Rugabella, Piazza Tricolore.
Ho visto dal finestrino di un taxi
i monconi del mio domicilio.
Sono entrato dal Sale e Tabacchi,
sono entrato dal mio barbiere.
Ho cercato il mio lustrascarpe.
Ho lasciato il bitter nel bicchiere,
ho trovato una camera in via Mauro Macchi.
Da quanti anni torno in questo quartiere,
da quanti anni ho fatto su e giù
di giorno e di notte!
Per tanti anni anche tu
ti sei allontanato
e pareva che non tornassi più,
pareva che ti fossi perduto laggiù
a Buenos Ayres, a far monumenti barocchi.
Un giorno, un giorno d’estate
di 25 anni fa, eravamo a Lambrate
in piscina. C’era Gatto, c’era Cantatore,
c’era forse Broggini, c’erano Rina e Enrichetta.
Era uscito il libretto su Attanasio Soldati,
era in bozze il Quaderno di Geometria.
In un bar della periferia,
in mutande corte e maglietta,
mangiammo una michetta con prosciutto.
Tu pagasti la birra per tutti.
Io venni in via Lanzone
e posai fino a sera per i piedi di un crocefisso
che andava al Musocco.
Che bella sul piedestallo in Galleria,
nel negozio Olivetti,
la tua vittoria barocca,
in tuta azzurra ed henné.
Era il ritratto di Rina Molé.
Eri forte, eri franco, elegante,
eri già allora più grande di Arp.
Allora Argan contava poco o niente,
Tapié vendeva lubrificanti.
Quant’acqua è passata,
quanta neve è caduta,
quanta nebbia, quanta brina!
Io penso a Rina
che attraversa piazza San Babila,
a Rina alta sugli stivaletti.
Che freddo stamattina,
e il triste stridore del trolley,
il numero sette va a Lambrate
dalla Baggina, dalla Siberia,
e la città si scrolla, la brina
copre i bulbi nei vasi,
il buio cade sulla memoria.
Mi hanno detto se vuoi
incontrare Fontana
scendi subito dal letto,
vai in Monforte di prima mattina.
È tardi, i vetri sono opachi di brina,
a quest’ora dov’è, è viva o è
morta Rina Molé?
Io la accompagnavo di giorno,
tu la vedevi di notte.
Eri giovane, eri forte,
eri già allora più grande di Arp.
Avevi la nostra pazza
ammirazione, ti bastavano
i nostri giudizi inesperti,
ci davi qualche soldo,
ci passavi anche le tue ragazze.
Ora le tue bizzarrie,
i tuoi buchi, i tuoi tagli
vengono discussi con boria,
con filosofia da Argan, da Tapié,
da tutti, Apollonio, Barilli, Crispolti.
Non si dice se sono brutti
o se sono belli, piacciono i tuoi buchi
anche alla Bucarelli.
Lucio Fontana, lo so,
tu disprezzi i dottori,
hai orrore delle astruserie,
ti fanno paura le medaglie,
i diplomi, la gloria.
Ti basta l’antimateria,
l’antimondo, la non-poesia.
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