Matrimonio d'un poeta
di Leonardo Sinisgalli
in L'Italia letteraria
A.X, n.32 (11 ago 1934)
Alfonso Gatto e la Jole si incontrarono bambini nel cortile di una città di mare. (A Salerno i miei antenati andavano a vendere coi muli le pelli cinciate). Scoperti in faccia (l'occhio ferroso di lei e la capigliatura angioina, la testa riccia caprigna e pesante di lui scavata dagli avi che furono mimi, marinai e forse assassini) bestie di rapina si confessano nell'occhio sbucciato e nelle grosse narici aperte. Questta coppia meridionale è arrivata a Milano una mattina coi grossi piedi impolverati, le vesti stanche e le mani penzoloni: una lunga mattina quando al sole non basta tutta la città e saccheggia pagliai e pianura. La città in quelle ore si divora coi suoi rumori xontinui e secchi di ferraglia e si selce. Il cielo appare squartato. So che cercarono la mia casa col gionale in mano quando i portoni sono ancora chiusi e le persiane così verdi. Aspettarono sul prato la prima donna alla finestra e le prime lenzuola. Si svegliarono che era tardi e le porinaie sulle ultime rampe: allora andarono a cercare di Tofanelli che era solo in casa a dormire. Io li ho incontrati alla stazione a mezzogiorno perchè De Angelis ritornava in Calabria e De Libero andava a Roma. Partito il treno ci siamo messi in carrozza in cerca della stanza che uno dei nostri amici aveva lasciato libera. Bisognò contrattare a voce bassa con la signora perchè la coppia si era già buttata siul letto con le vesti, le mani e le grosse scarpe polverose.
Le prime sere io passavo a trovarli in via lulli al 9. Sempre la padrona veniva ad aprirmi sui sandali di corda e si raccomandava di far piano perchè i due ragazzi dormivano. La padrona aveva comprato quei sandali di corda per non svegliarli. Passava tutte le volte con un oggetto che doveva essere necessario ai miei due amici, scappati di casa senza valigia; una spugna, uno spazzolino per i denti, un tubetto di odol, un pettine e alcune spazzole forti per le loro vesti polverose. Pensai allora che essi fossero venuti a piedi da Salerno. Ma dopo tanto sonno una sera si svegliarono. Alfonso Gatto aveva fatto un sogno. La sua ragazza aveva fatto un sogno uguale. Avevano formito per tanti giorni a contatto di orecchie: si erano ascoltati così per tante ore. Gli uccelli cantano di sera in confusione, ma c'è un'ora della notte in cui tutto l'albero è un verso solo. Resta fermo nel mio ricordo quando accompagnati la prima volta rasente i muri del Duomo dalle pietre venne fuori il rumore della cova dei colombi e l'alba insime. Per confortarli della mancanza di mare Lino Piazza ed Afeltra si interesarono perchè venisse anticipata l'apertura del Lido, Zavattini e Napoli li accompagnarono a Miralago per una passeggiata in barca su quel finto lago dalle acque preparate, l'avvocato Ripandelli comprò tutti i dischi che cantavano Posilipo e i limoni, Raffaele Carriei cabellò per San Gennaro un San Nicola di Bari che aveva le mani dipinte a sangue.
La mattina del 16 luglio, onomastico di mia madre, la mia padrona di casa mi svegliò gridando che sotto il portone c'erano degli amici ad aspettarmi e due donne. Saltai dal letto, e avvolsi il costume da bagno nel giornale e scesi in fretta dal quarto piano pensando: sarà Fontana con la Rina e l'Emilia che vogliono andare alla piscina. Ma seduti per terra alla turca c'erano invece Alfonso Gatto e la Jole, Soldati e sua moglie, Cantatore. Tornavano dalla chiesa del redentore, una chiesa di periferia dove i nostri due amici all'alba si erano sposatu con sette lire in tasca e senza avvertire nessuno. L'anello l'avevano comprato i due pittori ai Magazzini dell'UPIM per tre lire. Cantatore aveva dovuto dire il paternoster per gli altri che non lo conoscevano "dacci pggi il nostro pane quotidiano, non ci indurre in tentazione, proteggici da tutti i mali ora e sempre e nell'ora della nostra morte". Quella mattina i viali della periferia gli angeli passavano in bicicletta con in testa le sporte di pane caldo. La tromba del lattaio rionale raccolse tutte le fantesche del quartiere spettinate e scalze. Nella latteria dell'angolo ci fermammo a bere il latte e a fumare la prima sigaretta. Costringemmo le due signore a fumare con noi le altre due rimaste nel pacchetto di cinque. La signora Gatto incominciò a impallidire lentamente fino a svanire. La prendemmo di peso noi quattro e la distendemmp supina nel prato. Siamo stati così quasi un'ora fino a quando Cantatore non tornò con nelle mani dieci pesche gialle. Le avevamo appena spaccate che all'odore forte la signora si svegliò.
La miseria e quel cielo così lucidi ci portarono a cantare a squarciagola una parodia dell'ultima conzonetta "c'è l'amore che ci faa tristi e fa i volti così belli, c'è la miseria e ci sono gli artisti che hanno le orecchie piene di uccelli. L'amore certo è il più bel giuovo che si gioca con gli anelli, si cammina cui coltelli sensa pericolo del fuoco. Cameriere porta un wisky e un'asina bianca all'imeratore, che già le stelle dell'orsa maggiore sono più minute degli asterischi. A noi piacciono i gusti volgari e andiamo pazzi per certi dischi; senza miseria e senza rischi non si suona lo Stradivari".
L'allegria ci faveca smarginare sui prati e calpestare le margherite. Io non ricordo più le proporzioni di quel mattino, nessuna cosa ce ne diede l'avviso. D'estate il gioeno è compatto dalle prime alle ultime ore di luce: e la luce è senza soluzione. Noi cercavamo l'approdo al mezzogiorno attraverso i tentativi più gratuiti, un mercato di erbe, la voce di un grammofono, una panchina. A un certo punto abbiamo visto i due sposi staccarsi da noi e asciugare il sudore sui bordi di un salvagente. E' stato quello in tutta la lunga mattina l'unico momento in cui si soon ritrovati soli con le due facce ravvolte in un unico fazzoletto.
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