Due parole per simpatia
di Leonardo Sinisgalli
in Il Poliedro
n. 9 (set 1973)
«I miei quadri non sono mai nuovi»ha detto in un'intervista, «spesso hanno cinque, dieci anni. Mi piace che l'opera maturi a stento». C'è stato chi si è accorto che, via via, mentre l'anima della pittrice diventa più bianca, più pura il suo segno sdruce e la sua pittura quasi si sporca. Ricordo le mani nitide disegnata per una sigla della TV, e i piedi perfetti di certi suoi adolescenti. Ma ci sono i capelli ancora dipinti uno per uno (e certamente anche i peli) come nelle stampe giapponesi.
Non c'è un pittore d'oggi che le somigli: forse un poco Ben Shan, un poco anche vespignani e Porzano. Ma ci sono gli scalpellini della pietra e delle cripte. «Tu dai i numeri, tu bestemmi»: sento che mi fischiano le orecchie. Perchè qualcuno ancora abbassa gli occhi davanti alle sue coppie in amore o davanti ai suoi ragazzi che si masturbano sull'erba.
Pochi autori mi hanno fatto pensare così intensamente all'amore e alla morte. «L'amore» ripete Anna «è un viaggio in un paese sempre più lontano. Si parte ogni volta felici, si torna tremanti e tristi».
Quasi tutti quelli che hanno scritto di lei parlano di festa di virgore di ebrietà. La mia simpatia è invece nata da una partecipazione profonda alla sua disperazione.
Eppure le tele ultimissime con quelle luci, quelle aureole, fanno sperare in qualcosa come una congiunzione senza fine in un'altra stella.
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