Tre idilli
di Leonardo Sinisgalli
in Il frontespizio
A.VIII, n.8 (ago 1936)
I.
Sono a questa riva
e mi chiama il suono
del giorno ch’io ruppi a sassate.
La luce nuova è aperta
sulla terra che calpesto.
Nulla è ancora più giovane
delle mie ossa. L’estate
arde sulle stoppie: senza rumore
si sgretola entro il mio corpo
questo fuoco.
II.
Su queste alture è fiorito
il cardo di settembre
e mi accoglie il cielo con un grido.
La mia vita è questo esilio
che chiama le dolci erbe
le locuste pietose dei profeti.
Ma è sterile la pena
se pure a scuotere le pietre
valse la voce di chi grida nel deserto.
Solo, sentirmi vivo,
quanto l’argilla è qui vigile e sposa.
III.
Ora so non dolermi
se la mano nel buio tocca il fondo
e tu non ci sei.
Allora cercavo la tua ombra
in quella del muro
sulla terra bianca d’infanzia.
I compagni gridavano a perdifiato
freschi di capelli nell’afa.
Tu muovevi la polvere dietro le spalle.
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