Taccuino industriale
di Leonardo Sinisgalli
in Finsider
A.XI, n.1-2-3-4, (dic 1976)
1) Molti cervelli, anche discriminatamente fori, per esempio quelli di Volponi, di Calvino, di Parise, hanno dichiarato ultimamente un entusiasmo per la scienza, talmente incauto da parere ingenuo. Volponi ha lodato il Barbanera di Foligno e il Pescatore di Chiaravalle per la loro spicciola magia meteorologica. L'eroe del suo libro, La macchina mondiale, è una caricatura di Don Chisciotte, è un contadino che si riempie la testa di poemi, di fole tecnologiche. Non parla, farfuglia. Sa che per cambiare il mondo basta il sole.
Parise ha dichiarato le sue predilezioni per Darwin e Linneo. Come Volponi ha scoperto Keplero e Malpighi, la circolazione del sangue e il moto delle stelle, Parise si sorprende di fronte alle leggi che regolano la crescita delle foglie e la moltiplicazione dei pesci. Il suo eroe, il protagonista de Il padrone, viene condizionato dall'ambiente, né più né meno di come un girino è condizionato dalla melma.
Nelle Cosmicomiche Calvino non si fa influenzare da Galilei, che venera, ma dai classici della letteratura fantastica. Sono recenti le sue dovute espressioni di sudditanza nei riguardi della Scienza, che Calvino pone addiritura sull'estremo gradino, più su della Poesia.
2) C'è una discreta confusione nelle menti dei nostri scrittori più invidiati. Come si spiega? Forse proprio con la mancanza di una piccola cattedra liceale dedicata alla Storia della Scienza, così come c'è una cattedra liceale dedicata alla Storia dell'Arte. Adesso io non voglio scomodare nessuno, tanto meno il Ministro della Pubblica Istruzione. Ma mi pare di ricordare che è recentissima perfino l'istituzione di una cattedra a livello universitario. Geymonat a Milano, se non sbaglio, e Somenzi incaricato a Roma: tutto qui.
3) Messe così le cose non ci resta che assolvere gli amici letterati da tutte le loro allucinazioni, perchè non bastano davvero le strizzate d'occhio per incantare la tigre. La Scienza è proprio la tigre, e non c'è possibilità di trasformarla in un animale domestico.
Del resto ho sempre considerato con diffidenza i tentativi di divulgazione a cominciare dai dialoghi eleganti degli illuministi. Non sono proprio dell'opinione che si riesca a fare una miscela sopportabile di acqua e vino. Bisogna rischiare di ubriacarsi. Il newtonianismo spiegato alle dame non giova a Newton e non serve alle madri di famiglia.
4) Da qualche tempo ci si sono messi anche i pittori a titillarsi con la tecnica (con il fuoco, con il demonio). Diciamo allora che la letteratura e l'arte stanno rinunciando ai loro voti di povertà e di castità.
Questo matrimonio tra la Scienza e la Poesia lo dobbiamo fare? E' come sposare il Cielo con l'Inferno, l'esperienza e l'innocenza, come disse prima di tutti William Blake. Io non mi faccio tradire dalle ruffianerie degli epistemologi, anche i più abili come Foucault. Non bevo alla salute del Serpente.
5) Resto dell'idea che la Scienza sia il contrario della grazia. La storia dell'uomo a partire dall'Eden è la storia ininterrotta di una disgrazia e di un riscatto. Di un riscatto attraverso la fatica.
La Scienza ci dice che nessun bene al mondo ci viene donato. La Scienza ci sdebita della provvidenza.
La Scienza è arguzia, certo anche raggiro. Per questo si serve di equazioni che sono trappole, più efficaci di quelle per i topi e per gli uccelli.
E la tecnica resa inoperante, inservibile, è stupida, non è pratica, è persino fastidiosa come uno strumento scordato.
6) lo seguo con attenzione tutte queste manovre cosiddette dissacranti. Ho la sensazione che un segreto senso di colpa, come il senso di una mancanza, di una deficienza, colpisca letterati e artisti ingenui nei confronti con la Scienza e la Tecnica, che non sono tabù, non sono draghi.
La Scienza oggi fa ancora paura come faceva paura ieri la magia. Non si conoscono i limiti dei suoi poteri e per questo le si attribuiscono poteri illimitati. In verità la Scienza è limitatissima.
7) Quando si dice che il vero scienziato de testa la Scienza, si vuol proprio intendere questo: l'abuso della ragione induce una voglia smisurata di sventatezza, di disragione.
Non aspettiamoci troppo dalla Scienza, tuttavia consideriamo che il dominio guadagnato dai calcoli è proprietà di tutti. Non c'è nessuno che può dire di essere arrivato dove altri non potrebbero arrivare.
Le conquiste della Scienza appartengono a ciascuno di noi, nel senso che noi ce ne possiamo appropriare completamente.
Non ci sono segreti nella Scienza che prima o poi non vengano rivelati. Certo ci vuole pazienza. Gli studi sono davvero horribles come diceva Rimbaud. La Scienza è severa e aspra, è anche amara.
8) Molti non credono al genere di soddisfazioni che danno le idee, i calcoli, i ragionamenti. Non sono d'accordo con Cassola quando dice che soltanto i sentimenti ci consolano, ci danno il gusto della vita, perché le idee e i calcoli non ci commuovono. C'è una ebrezza, c'è un'estasi, c'è una grande soddisfazione che viene dal piacere di aver capito. Creare e capire sembrano attività inconciliabili. Si dice, per esempio, che il poeta non sa quello che dice. Si dice che il fare è tutto nell'eseguire. Il poeta non ha un progetto, ed è già un miracolo che sappia finire al punto giusto.
Mentre il lavoro del tecnico – il quale non fa altro che riprodurre i modelli proposti dalla Scienza — comporta, io credo, il premio della buona esecuzione. Il merito, diceva Valéry, non sta tanto in un buon progetto ma in una buona esecuzione.
9) Vedo che gli artisti si stanno facendo incantare dalla buona esecuzione. Contro la sciatteria, la voluta sprezzatura di Picasso - che qualche volta dipinge con la scopa — è nata un'attitudine all'esattezza, alla precisione. Indubbiamente certe superfici lustre di Getullio Alviani, certi aggregati di Enzo Mari, e i tubi calligrafici di Aldo Calò, paragonati agli scarabocchi e ai beveroni dell'epoca «informale» potranno ricordare Canova piuttosto che Medardo Rosso. Formalismo, neoclassicismo: ecco gli effetti della nuova religione, del nuovo ordine. L'art brut di Dubuffet cede di fronte all'attrazione dei corpi lucidi; il bianco ha di nuovo partita vinta sul nero.
10) La natura è chiara; il cielo, le acque, le terre sono ridenti. La materia prima è opaca, è sorda, è spenta. Deve subire un vero processo di purificazione, un processo orfico, deve bruciare per spiritualizzarsi. E anche per diventare utile. Deve perdere le scorie. La materia artificiale, prodotta per sintesi, accetta meglio il rischio delle manipolazioni artistiche dopo aver offerto - l'uomo una fonte pressoché inesauribile di surrogati. C'è una proliferazione di forme e di oggetti puramente inerti che non hanno necessità di resistere, non sono strutture ma involucri. Il nobile metallo resta una prerogativa degli strumenti. Gli ammennicoli, i gadgets, il ciarpame coloratissimo (è l'unica virtù) va a riempire gli spazi del superfluo.
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