Rapporto di un littore dell'anno XII
di Leonardo Sinisgalli
in L'illustrazione italiana
A. LXIII, n.19 (12 maggio 1935)
Anche noi siamo d'accordo sul valore «esplorativo» che si è attribuito a questi ludi primaverili della intelligenza dei giovani. Non si trattava - è stato detto - di assistere alla rivelazione di ragazzi prodigi - ma di saggiare fino a che punto, nella coscienza della nostra gioventù, la temperatura spirituale dei tempi nuovi sia riuscita a bruciare le vecchie scorie dell'accademismo, dell'eloquenza e dell'indifferenza ai valori morali della civiltà nostra.
Il valore della manifestazione che, al secondo anno di vita, si è perfezionata nella struttura organica, non è da ricercarsi solo nel numero imponente dei partecipanti ma nella constatazione della intima armonia tra l'etica fascista e la volontà dei migliori.
Alfonso Gatto, Littore della prosa per l'anno XIII, era noto per un libro di poesie, stampate alla macchia qualche anno fa da una tipografia napoletana. Con questo libriccino smilzo egli era riuscito a ottenere il consenso dei pochi critici autorizzati in Italia a parlare di poesia e la stima dei pochi «chierici» votati alle Muse. Ha vinto quest'anno il primo premio con una prosa Ottotteo che - ha scritto il presidente della Commissione - è tutta in rilievo e ogni parola ha un proprio valore significativo. «Ci rappresenta le vicende della sua famiglia, i paesi e le città dove essa vive, nel clima fantastico della primissima infanzia, dal giorno che ehli fu concepito al giorno ch'egli ebbe la parola: ardimento davvero straordinario per uno scrittore, come il Gatto, che non ama il linguaggio scientifico degli psicologi nè quello ambiguo dei psicoanalisti». ernesto Caballo si è aggiudicato il titolo di Littore della Poesia, con una breve canzone ai balilla, dove persino certe inesperienze, sintattiche vengono a vantaggio della fresca ispirazione: «Camminar coi balilla, nell'alito del Dio. - per queste tenere montagne: - serenamente si sfiorano i dirupi. - I corpi dei balilla hanno un aroma nuovo - che la nostra infanzia non seppe: - il loro canto negli abissi diventa terribile. - Vanno col sentimento della patria - a cercar nuovi miti e fontane». Roverto Zerboni, ha vinto il concorso col suo soggetto cinematografico Vita di Sole dove son messi a fuoco gli episodi di una squadra di calcio.
Al convegno di critica letteraria si è parlato degli scritti del Duce, di Orani, di Corradini, di Slataper, di Serra, degli scrittori della «Voce», dei futuristi e di D'Annunzio, di tutti coloro che furono coscienti durante e dopo la guerra della necessità della nostra rivoluzione. Si è chiarita l'antitesi tra vecchio e nuovo, si è compreso quale sia il valore del Fascismo nella storia d'Italia e quale sarà nel fututo la civiltà fascista. Al convegno di critica d'arte, molti hanno espresso chiaro il concetto che la tradizione deve intendersi come ricerca di una continuità spiritual nella nostra storia: che le influenze straniere non sono i caratteri fondamentali ed eterni del nostro spirito e che non soltanto trattando temi fascisti, o celebrando episodi eroici, ma specialmente esprimendo la volontà di chiarezza,di semplicità, di essenzialità della vita dei nostri giorni e della nostra intimità, si può aspirare ad un'arte veramente nuova e resistente nel tempo. Sui «caratteri del cinema fascista» si è discusso accanitamente: ma un nucleo di intransigenti ha concluso nella maniera più giusta l'animata discussione: il cinema fascista deve rispecchiare il nostro tempo non nei fatti, ma nello stile, e che in fondo più di tutto conta la fantasia dell'artista.
Nella critica musicale i nostri scapigliati melomani ne hanno dette di tutti i colori: alcune proposte tradizionaliste ebbero accoglienze tempestose da parte dei più.
Più sereni, meno focosi, si sono svolti i convegni di studi politici. I «caratteri dell'economia corporativa», «il fascismo nel mondo», «l'amministrazione tecnica e amministrativa di un quotidiano» erano i temi all'ordine del giorno.
E' stato investito in pieno il problema della stampa fascista: chi vorrebbe affidare l'amministrazione di tutti i giorni allo Stato, chi vorrebbe abolire tutti i giornali di provincia e istituire un grande giornale nazionale. Quest'anno alle gare littorali delle Arti figurative sono stati chiamati anche gli artigiani: la mostra ha guadagnato in freschezza, in solidità, in fantasia. Noi conosciamo troppo le insidie dell'intelligenza per non manifestare simpatia a certe opere, come ce n'erano tante in questa mostra, in cui il sentimento prevale a scapito della grazia.
Quella che era la necessaria eloquenza dei tempi è stata tradotta da molti in periodi estrosi, popolareschi, in associazioni di figgure così avventate da far pensare a quella che è l'ossatura ritmica di certa antica poesia cavalleresca. Certo i più disposti a tradurre in espressione i temi del nostro tempo, della nostra nuova civiltà, sono appunto i giovani, cresciuti in questo clima e per i quali l'aderenza al tempo è un problema di naturale sincerità e non di appassionata retorica, di modo che nelle loro opere e più difficile saggiare l'arte che la fede. Di conseguenza i pregi sono qui tutti di intenzione e i difetti son da ricercarsi nello stile. A giovani poco più che ventenni non si possono chiedere le esperienze di «forma», diciamo pure di «tecnica», in cui si vincola e si svincola da tempo l'arte europea.
C'è in tutti un prevalere dell'esclamazione sul semplice recitativo e pochi, difatti, riescono a risolvere in termini lirici, nel tono o nella chiusa calma del pieno, il loro sentimento.
Forse è la severità dei temi, legati alla storia di questi nostri anni carichi di eventi e di cronache memorabili, che ha portato tutti questi giovani a cimentarsi con delle esigenze più complesse dei soliti espedienti: essi hanno voluto comporre delle storie anzichè definirsi in frammenti. Ne son risultati affreschi come quelli ispirati al tempo fascista, ricchi di errori, ma gonfi di linfa, quadri sbagliati nei toni, ma sinceri e genuini nei gesti e nelle figure, bassorilievi slegati nel ritmo eppure a volte densi di dramma, statue modellate con estro, anche se difettose di equilibrio e di misura. Per capire certi errori e le qualità più epidermiche, basterebbe rifersi alle provenienze di scuola. Ma non vogliamo fare qui il processo ai maestri.
Chiudiamo invece il bilancio con una frase di Baudelaire che vorrei questi giovani meditassero a lungo: dell'arte bisgona riuscire a fare la sola abitudine della propria vita perchè «l'ispiration n'est que le travail de tous les jours».
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