Gli ermetici illustrati
di Leonardo Sinisgalli
in Il mondo
A.VII, n. 26 (28 giugno 1955)
Il maestro Gianni Faè mi spedì l'anno scorso una ricca raccolta di stampe eseguite dai suoi ragazzi di quarta e di quinta. Un bel mucchio di cartoncini bianchi, azzurri, rosa, sui quali spiccava in nero lucido e grasso le sagome di alcune macchinette, una mola, una sega, un trattore, una trebbiatrice, una macinapietre, e perfino una caffettiera, le forbici per la potatura, una tosatrice, un mulino. Quel materiale mi riempì di stupore e di gioia.
Chiamai Gentilini, Mafai, Scordia: i pittori amici furono tutti ammirati per la sapienza, l’eleganza di quelle silhouettes. Pareva un regalo venuto dalla Cina. Sembrava l’opera di un calligrafo cinese, di un poeta, di un filosofo che preferiva le macchinette dell’arrotino, del falegname, del contadino, del barbiere alle rose e agli uccelli. Il gran dono arrivava da un paesino delle piccole Dolomiti.
Pubblicai la raccolta di stampe e mandai al maestro i soldi necessari per comprare un torchio. E al principio dell’anno mi giunse, stampato, il primo numero del giornale di classe che prima era composto di fogli manoscritti. Ho sotto gli occhi i quattro fascicoli, azzurro, grigio, rosa, giallo. Sono di cinque o sei pagine ciascuno. Posso trascrivere qualche brano? Ecco nel primo numero (quaderno azzurro) la fiera annuale del paese. «Il 30 novembre scade la fiera annuale di S. Andrea. La nostra fiera è chiamata «fiera dei bogoni» perché quando è il giorno della fiera si vedono molti ragazzi o degli uomini con uno zaino pieno di lumache, e ci sono i negozianti che ne caricano diversi quintali. Si vedono poi molti banchetti, giostre, tiri a segno. La giornata non è stata bella perché ha piovuto tutto il giorno». Il primo quaderno uscì anonimo, ma scrissi al maestro che avremmo preferito, noi lettori, la firma dei ragazzi sotto i componimenti e le iniziali sulle stampe. Il quaderno grigio, il secondo, portava le firme degli autori sotto i testi e sulle illustrazioni.
Ecco un brano di Luciano Anselmi, «I fossili di Bolca»: «Il maestro ci ha portato alcuni fossili di Bolca, un paesino vicino al nostro conosciuto in tutto il mondo. Abbiamo due o tre specie di foglie, pesci e erbe. Nei tempi antichissimi, quando c’era il mare anche qui nella nostra zona, il mare si ritirò e i pesci rimasero sepolti nella lava del vulcano che poi si pietrificò. Noi siamo rimasti meravigliati nel sentire tante cose che non conoscevamo». Ma ci sono in ogni quaderno le notizie tristi, i fatti di cronaca, i lavori municipali, gli infortuni, le morti, i giuochi e la corrispondenza con gli amici e i benefattori. Segnatevi l’indirizzo della scuola: S. Andrea di Badia Calavena (Verona), al maestro Gianni Faè. «Il nostro paese è molto povero e non ci sono lavori; la gente deve lasciare la patria per andare all’estero, sono già partite diverse famiglie. Chi va a Torino, chi in Francia, in Svizzera, o in Belgio, dove ci sono le miniere di carbone. Ormai tutta la montagna è spopolata perché nessuno si interessa di noi; non ci sono lavori ma molte tasse».
Maria Cunego nel terzo quaderno, il quaderno giallo, scrive di suo padre: «Mio padre fa il barbiere in paese: ha quattro rasoi e due spruzzatori per l’acqua e per lo spirito; ha forbici e due macchinette per tagliare i capelli e altri arnesi. Il lavoro non è abbastanza per mantenere la famiglia, deve andare a lavorare nella miniera della terra rossa». Maria Cunego ha fatto anche un ritrattino del nonno: «Mio nonno è il più vecchio del paese: ha 91 anni. Spesso mi racconta la sua vita, dice che quando era giovane faceva il contrabbandiere del tabacco. Ha passato una vita tribolata, ma ha goduto sempre ottima salute. Anche lui poveretto non è stato molto intelligente perché nella sua gioventù non c’erano scuole. Ora vive con noi».
Ma già nel numero 3 del giornale, che porta la data del 28 febbraio 1955, io potevo leggere nella «Corrispondenza», in ultima pagina, questa riga a me diretta: «Le faremo una piccola sorpresa che speriamo Le sarà gradita».
Nel quaderno rosa, il quarto, del 31 marzo 1955, insieme a una poesia di Angelina Carpene, al Bollettino meteorologico di Antonio Cunego, al marzo pazzerello di Ottavio Stoppele, ai Giuochi di Milena Zerbato, a un inventario degli analfabeti di Maria Cunego, ai brani di Giovanni Carpene, dei fratelli Anselmi, di Maria Teresa Piazzola («La nuova autocorriera »), di Elda Tanara («La Festa del risparmio») ed alcune stupende linoleografie che illustrano un tipo di telefono infantile («andate dal vostro macellaio e fatevi regalare due vesciche di bue, poi prendete due quadranti di legno e ritagliate due cerchi di 15 cm, ecc. ecc.») e un cavallino bianco («Avevo un bel cavallino bianco ma mio nonno lo ha venduto, ecc.»), insieme a tutte queste cose, nel quaderno rosa ho trovato, a pagina 8, una tavola di Luciano Anselmi dedicata a una mia poesia, e questo commento: «La poesia che ho illustrato io è stata scritta da un poeta, Leonardo Sinisgalli, che vive a Roma. Egli in questa poesia descrive i fanciulli che giocano alle monete: mentre il sole tramonta i fanciulli si dicono motti superbi, litigano nel gioco. Alla sera la piazza torna calma ed essi continuano nel loro svago. Leggendo questa poesia mi pare di vedere me stesso e i miei compagni quando giochiamo nella piazza del nostro paesello e ogni tanto facciamo battaglia perché tutti vogliamo vincere». Ma la sorpresa più grossa è arrivata nei giorni scorsi: addirittura un fascicolo stupendo, stampato in due soli esemplari, che contiene quattro mie poesie con quattro tavole eseguite da Giovanni Carpene, Luciano Anselmi, Luciano Presa, Alberto Trettene, coi titoli e i fregi di copertina di Gaetano Ramponi. Un dono che mi ha commosso fino alle lacrime. I nostri versi possono ancora toccare il cuore dei fanciulli? Ho scritto a Gianni Faè, riconoscente. Gli ho detto che sarebbe bellissimo se i suoi bambini continuassero a illustrare le poesie di altri poeti moderni, Ungaretti, Montale, Saba, Cardarelli, Quasimodo. Gli ho proposto una piccola mostra di queste edizioni a Milano e a Roma. Sono sicuro che i fascicoli andranno a ruba tra gli amatori del libro e della poesia. A Carlo Cardazzo e Tanino Chiurazzi che mi leggono, suggerisco di correre di volata a S. Andrea di Badia Calavena in provincia di Verona e prendere accordi col maestro Faè.
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