Alcune considerazioni sulla atomica
di Leonardo Sinisgalli
in Ulisse
A.I, fasc. 1-6, )mag1947 - lug1948)
Ingenuità dell'alchimia
IL MERAVIGLIOSO delle recenti scoperte non sta tanto nei princìpi, nelle tesi, quanto negli strumenti. Strumenti di analisi, strumenti di controlllo, strumenti di misura: è davvero incredibile la sensibilità di questi strani organismi, di questi ordigni faustiani.
Quando di legge il TRATTATO SU LA PIETRA FILOSOFALE, attribuito a San Tommaso, e si constata che l'esperimento monstre degli alchimisti consisteva nella puerile creazione di un'amalgama, ci si rende conto di quale destrezza, di quale acutezza, continua a dar prove l'industrioso animale che è in noi. Non ci sono limiti al giuco, questo è chiaro, e fino a quando gli uomini continueranno a potenziare i sensi, fino a wuando lo sviluppo di questi super-organi non avrà generato una atrofia completa, non saremo mai abbastanza sgomenti della punultima sorpresa.
E' giusto che a questa irrefrenabile dinamica inventiva i Poeti e i filosofi oppongono la loro dubitosa arida stasi. Essi stanno meglio dei Fisici che l'uomo non riuscirà mai a distruggersi sufficientemente.
Conoscenze atomiche del mondo antico
LA NATURA delle cose già prima che dal calcolo era stata indovinata dall'istinti: perchè all'alba della nostra storia una polarizzazione dei sensi tutti insieme germinò la più folle e la più certa Cosmologia.
Il mondo antico sapeva dunque degli atomi non molto meno di quanto sappiamo noi: gli atomi erano stati assorbiti nella cultura degli antichi. Dobbiamo ora dolerci se una mitologia è scaduta in industria, se non è rimasta soltanto una splendida nomenclatura? Ci sono dunque miti che non restano chiusi in una forma e che posoono venire alimentati dalle macchine? Così il meraviglioso che stava nascosto nelle radici di un'idea o di una immagine - l'idea di Democrito, l'immagine di Lucrezio - è spuntato dopo tanti secoli di oscura incubazione con l'urgenza e il raccapriccio di un'esplosione vegetale.
Quelli che erano i segreti di un clan sono diventati una cognizione collettiva. Ma tanto è difficile farsi persuasi di un'ipotesi quanto è naturale soggiacere a un evento. Oggi l'umanità è spaventata dei fenomeni che fino a ieri scambiava per delle facezie, delle fole. Erano profezie e parevano sciocchezze. Oggi sono sciagure e sembrano miracoli.
La cittadella dell'atomo
RECENTEMENTE un giornalista europeo ha visitato Oak Ridge, la città segreta, costruita per la produzione della bomba atomica. C'interessa la descrizione che egli fa della pila atomica, tabernacolo della comunità. «E' circondata da una muraglia di cemento armato spessa parecchi metri. Entro le mura di cemento armato c'è una camera di piombo e dentro la camera di piombo un serbatoio di alluminio in cui si è fatto il vuoto. E' in questa vasca relativamente minuscola che avviene la trasformazione della materia». Nessun osservatore al mondo potrà mai guardare da vicino quello che avviene nel tabernacolo: rimarrebbe ucciso fulmineamente, come succedeva a coloro che osavano alzare il velo dell'immagine sacra. «Il processo può essere messo in atto soltanto mediante controlli a distanza». Diecine e diecine di strumenti, invece, registrano l'evento così che ogni stadio della trasformazione dell'uranio in plutonio viene accuratamente controllato. «Vi sono circa duecentomila strumenti diversi a Oak Ridge». Chi visita la città atomica viene condotto da una sala di controllo all'altra. «Somigliano per grandezza a sale da ballo: sulle pareti di marmo sono allineate centinaia e centinaia di quadranti che indicano le mutazioni varie mediante il ritmico oscillare delle lancette». Le vaste sale sono quasi vuote; «qualora gli strumenti fossero disposti in una sola linea si snoderebbero per sedici o diciassette chilometri».
Ho voluto ribadire con la prima testimonianza che mi capita sotto gli occhi, non certo il carattere sorcier o romanzesco della faccenda, ma come dicevo al principio, lo spitito tecnicistico delle recenti conquiste.
Bonaventura Cavalieri e Leibniz
E' NECESSARIO sottolineare che, vivente Galilei, attraverso gli argomenti di uno dei suoi discepoli, quando lo spazio astronomico era stato nei confini del pensabile sufficientemente regolato - regolato al punto che qualcunque sorpresa non poteva accadere che nell'ambito delle leggi - il gesuita Bonaventura Cavalieri, alter Archimedes, cominciava in un linguaggio niente affatto metafisico o fabuloso, in termini anzi di pura matematica, ad operare con le quantità indivisibili. L'intelligenza doveva essere matura per queste distinzioni se press'a poco negli stessi anni Leibniz attendeva alla MONADOLOGIA e preparava il simbolo capace di riassumere un'operazione mentale che sarà poi di un'aggressività veramente strabiliante se si pensa che ogni curva, ogni fenomeno, potè essere chiuso in un'equazione.
Poetica delle dimensioni limiti
NON SEMBRERA' eretico ridurre queste prime ricerche sui quanta infinitesimi a un'attitudine barocca? Il Barocco suggerisce difatti qualcosa nel suo travaglio che fa pensare alla dialettica differenziale, a una sensbilità asintotica.
Come è ero che l'elettricità si rivela alle punte, agli spigoli, a un certo momento io suppongo che l'attenzione ricolta alle quantità sfuggenti, alle dimensioni minuscole dovette beneficiare di uno charme che senza dubbio possiedono tutte le cose minute, le cose in cui il dominio della forma perde di prepotenza, le cose imponderabili, le cose quasi invisibili, in bilico tra l'essere e il non essere: l'incanto, l'illusione di farci toccare l'anima del mondo. L'anima del mondo, amici miei, è lì in un acino di polvere o di polline o di porporina, in un filo di capello, in una formica. Un puncto, esclama Piero della Francesca nella sua PROSPETTIVA: una cosa tanto picholina! C'è dunque una poetica delle dimensioni limiti, una metafisica del dx, del dx dy, del dx dy dz, c'è la speranza spezzando le particole infinitesime di scoprire un principio e di vederlo via via estenuarsi se la corporeità si dissolve. E' il principio di causalità che nei più piccoli acini del cosmo atomico, dove la materia si fa più rada, lascia il campo all'indeterminatezza, allo hasard, a un inafferrabile caos dentro il quale noi riusciamo a guardare come dentro un'incrinatura la scìa delle orbite elettroniche.
E fin qui il fiuto profetico di Lucrezio era già penetrato. A questo punto Democrito e Sant'Agostino, Leibniz e Gioberti, s'incontrano con Heisenberg e Severi.
Rituale della scienza atomica
UN'OSSRVAZIONE che mi vien da fare scorrendo i protocolli delle recenti esperienze (protocolli ufficiosi, protocolli ipotetici: sapete bene che, fuori delle supposizioni generiche, di fatto non si sa nulla di preciso) è che non soltanto le prove sono costosissime e pericolosissime, ma pressocchè irrepetibili. Questo per me è il lato più disumano, più urtante di questa storia. Quanto siamo lontani dalla ingenuità, dalla commozione apostolica, dalla sacra bétise di Torricelli, di Volta, di Galvani, di Pacinotti! Un bambino poteva anche lui far faville!
Del resto l'esperienza perde via via il suo carattere induttivo e diventa prova, verifica. E' la conferma di un calcolo. I forcipi dell'Atomica sono le Equazioni differenziali e il Calcolo delle probabilità.
Se si pensa ai primi passi dei rabdomanti dell'elettricità, se si esaminano gli incunaboli della scienza magnetica, se si visita il museo delle Pile, delle Calamite, dei Rocchetti, e si ricorda la Regola delle Tre Dita, non si può fare a meno di constatare che tutto quel ciarpame, così domestico ed emozionante, passato fatalmente tra gli atti della preistoria, a confronto della severità e della secchezza delle indagini odierne, sarà stato rozzo, volgare, puerile, ma non era minaccioso, non era sconcertante, non era sacrilego.
I dilettanti trovano oggi sbarrate le porte del Tempio. La scienza atomica ha preso tutti gli aspetti di un rito, si è murata come un'ecclesia. Perfino i fedeli sono stati cacciati fuori: sono rimasti soltanto di Sacerdoti.
Riduzione logica delle apocalissi
MA LA SAPIENZA degli uomini, la saggezza dei popoli, la veggenza dei poeti ha già ridotto alle misure del «prevedibile» tutte le ostentate apocalissi.
I poeti sanno che la vita e la morte saranno sempre e soltanto facoltà del Verbo, e che gli uomini non lasceranno mai alle Macchine l'iniziativa. Cosa veramente può importarci se una montagna partorisce un topo esplosivo? Potremo fabbricare gli ordigni più spettacolosi, potremo distruggere le rose, le nubi, i sorrisi, potremo impaurire una pecora o un cavallo, potremo distribuire al minimo prezzo tutti i beni e i servizi della terra. Chi ci toglie dalla testa che la felicità e la pace dell'anima non ci saranno mai vendute da nessuno, a nessun prezzo? Esce ci còstano e ci sono care. Còstano a ciascuno di noi più di quanto costa tutto l'uranio del mondo. E' una facile illusione credere che la nostra intelligenza possa minimamente spostare i termini dell'eternità.
FINE DELLA MONOGRAFIA
CIVILTA' ATOMICA
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