L'immobilità dello scriba
di Leonardo Sinisgalli
in Corriere d'Informazione
11-12 giugno 1960
Un altro dei volumetti «segreti» di Leonardo Sinisgalli poeta e uomo vivo
Tra le confessioni che Leonardo Sinisgalli fa agli amici, le più probanti sono, forse, quelle dei volumetti che egli stampa, ogni tanto, come alla macchia, con titoli segreti e stimolanti: «Horro vacui», «L'immobilità dello scriba». Questo ultimo è uscito a Roma, in veste elegantissima e modesta: ma il nome della tipografia bisogna ricercalo, minuscolo, all'ultima pagina. E non è quello di uno di quegli editori che hanno stampato altre opere di Sinisgalli e che sarebbero felici di poter mettere in vetrina un suo nuovo libro.
A scadenze che non stupiremmo fossero regolate dalla magia, Sinisggali affida i suoi preziosi foglietti alle esili pagine di edizioncine straordinarie: esse sono la testimonianza più esplicita di questo poeta - fra i maggiori itliani del nostro tempo - che è stato alliva di Severi e di Fermi e che spartisce la propria vita fra la civiltà delle macchine e i dialoghi notturni con le Muse. Egli stesso ha chiarito, una volta: «... L'intelligenza di uno scrittore è misurata dalla profondità della sua coscienza critica, delle sue capacità tecniche. Baudelaire e Dostoiewsky potrebbero essere esemplari di questo modo d'intendere l'intelligenza. Essi troveranno l'equilibrio giusto tra 'innocenza' ed 'esperienza'. Non c'è scrittore che si rispetti che oggi non sappia capire quello che fa, e, in un certo senso, non ci si sorprenda di quello che sa».
I pensieri, le moralità di «L'immobilità dello scriba» confermano splendidamente l'intelligenza di Sinisgalli, la sua umanità , la sua «pietosa» attenzione al nostro tempo.
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L'immobilità dello scriba è la sua libertà, la sua vittoria sul caos. Lo scriba è attento a guardare e a riflettere. Non scrive per divertirsi: si taglierebbe le mani. Non scrive per impegno. Scrive quasi controvoglia sul tavolo dove mangia. Mischia eceto e inchiostro, cenere e sale. La sua cella è stretta come l'abitacolo del ciabattino che sopra le suglie le lesine lo spago le pece apre il cartoccio di sarde.
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L'anima e il corpo si disavvezzano con la stessa facilità con cui si assuefanno. L'abitudine è una catena che si può rompere all'improvviso. Passare dall'altra sponda del fiume è facile, la distanza è minima, ma la prospettiva è capovolta. Il fiume separa una città dall'altra e così il filo di una strada. Quando noi volgiamo le spalle agli amici finiamo presto col dimenticare tutto, non soltanto i tratti del volto, ma la voce, le manie.
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Si può far precipitare una montagna con una piccola breccia di mica che rotola su un'altra breccia di mica quasi eguale. I grandi spostamenti possono essere causati da forze minime. Non c'è bisogno di far chiasso per trivare la verità. La verità come le streghe fugge via ai colpi di scopa. Per trovarla bisogna star quasi immobili.
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Com'è lento il bene, com'è pigro il bene, in punta di piedi viene. Avanti, vieni.
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