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Teatro dell'Usignolo

di L. Sinisgalli – G. Giagni – G. Modigliani – S. Pugliese – F.  Rossi
in Radiocorriere
n.45, novembre 1947

Presentazione

Non so se è capitato a voi quel ch'è accaduto parecchie volte a me stesso, di sorprendermi, di meravigliarmi, ascoltando la voce notturna della radio. Io ho sempre avuto l'impressione precisa di inserirmi nei segreti di un altro mondo, di accogliere i messaggi di un bellissimo paese lontano. Questo strumento che tra la luce e i rumori del giorno perde i suoi attributi miracolosi, riattinge nel cuore della notte, simile a certi fiori e a certi mostri, le sue incantevoli virtù. Direi che in quel silenzio la radio diventa qualcosa come un medium, un medium cosmico che stimola non solo il nostro udito, ma sommuove la nostra coscienza nelle facoltà più indecifrabili: la memoria e il presentimento.
Quella ch'è l'alba per i sensi è la notte per l'anima. Si direbbe che la stanchezza del corpo giovi a dare al nostro spirito una maggior vivacità, una effattiva acutezza. Per questo forse  l'uomo rimanda a tarda sera il suo esame di coscienza. Nelle ore notturne ci è sempre riuscito più agevole parlare con noi stesi, con le persone, e intendere le parole dei poeti. I nostri libri più cari stanno lì, accanto al letto. E noi ci siamo chiesti: non potrebbe la radio periodicamente sostituirsi al libro che teniamo sul comodino? Portarci tra veglia e sonno il conforto di parole assolute, legarci, senza filo, a un cielo suggestivo, il cielo animato della Poesia.

LEONARDO SINISGALLI

 

La radio e gli intellettuali

Sovente, e da più parti, si rimprovera ai programmi della radio di trascurare gli intellettuali, cioè quegli ascoltatori che, per gusto, e cultura, hanno esigenze superiori alla media.
Il rimprovero, come sempre accade nelle umane vicende, è giusto ed ingiusto ad un tempo, a seconda dell'angolo di visuale in cui si pone chi esprime il giudizio. Infatti, se è vero che la radio, pressata dalle richieste e dai gusti popolari dell'ascoltatore medio, sforna in parecchie ore del giorno canzonette e riviste e commediole ed è, per sua natura, costretta ad accontentare opposte esigenze e gusti disparati, non è men vero che il critico attento potrebbe sceverare, nell'enorme e confusa massa dei programmi giornalieri, trasmissioni che per eccellenza di testi e qualità di esecuzione meriterebbeo l'attenzione del più raffinato degli ascoltatori. Dai capolavori grammatici della letteratura classica, ai concerti delle orchestre sinfoniche, dalle esecuzioni musicali delle orchestre da camera - sovente ricche di scoperte e di inediti - alle ricerche nel campo dell'arte e dello stile radiofonici (ricordate il recente «Manifesto della Radio» che tanto interesse ha suscitato in coloro che s'occupano di tetaro radiofonico); non c'è autore, o corrente di pensiero, o novità anche audace ed insolita, o voce di poesia nata nel mondo, che non venga raccolta e diffusa dagli altoparlanti della Radio.
Se in questa sede ci fosse dato lo spazio, mi piacerebbe fare un elenco delle trasmissioni, diciamo di carattere intellettuale, eseguite dalla Radio italiana negli ultimi sei mesi. Il più scettico e il più esigente degli ascoltatori ne rimarrebbe sbalordito. certo spero non è semplice scoprie, nelle congerie dei programmi popolari, tra l'una e l'altra manifestazione pubblicitaria, tra l'una e l'altra chiassosa orchestrina, questa più quieta voce della radio.
Occorre che la radio raggrupi questi particolari programmi, li differenzi, li indichi agli ascoltatori esigenti. E' necessario cioè dar vita a un «terzo programma», che si rivolga esclusivamente agli intellettuali e a questo fine devono essere indirizzati gli intenti della Radio Italiana.
«Il teatro dell'usignolo», che sarà curato, per la parte redazionale e critica, da Leonardo Sinisgalli e Gian Domenico Giagni, per la parte musicale da Gino Modignani e allestita dal regista Franco Rossi, è uno di questi appuntamenti.
Il canto dell'usignolo è canto notturno; nella quiete magica della notte, entreranno nelle vostre case le grandi parole della poesia di tutti i tempi, delle parole che vivono nel subconsciente di tutti gli uomini, anche dei più sprovveduti, e dei più lontani da ogni ricerca cerebrale.
Per questo crediamo che il «tetaro dell'Usignolo», nato per gli intellettuali, troverà una più vasta eco anche nei cuori più semplici, anche nella grande massa dei nostri ascoltatori.

SERGIO PUGLIESE

 

Con le prime pioggie di novembre dai microfoni di via Asiago giungerà all'orecchio degli ascoltatori radiofonici il Teatro dell'Usignolo. Giungerà in una ora insolita: nell'ora notturna, dopo la meccanica voce dell'annunciatore e prima del «carillon» della «buonanotte»; dopo l'intensa giornata di lavoro e prima che aprite i vostri sogni. Sinisgalli v ha detto per quale ragione.
Farvi giungere l'ultima pagina di lettura, una pagina di poesia, un dialogo ove la parola diventa il centro di migliaia di immagini; una pagina celebre che conoscete o che vi resta sconosciuta. da tempo andiamo ripetendo che la radio è una delle poche invenzioni moderne atte ad accogliere la voce dei poeti. Dylon Thomas, Louis Mac Neice, trascorrono i loro giorni negli studi della B.B.C., Archibold McLeish non poche volte ha trasmesso i suoi poems dalla Radio city di New York; il poeta surrealista Robert Desnos già quindici anni fa propose a Parigi un famoso programma pubblicitario che portasse una siglia poetica. Qualche volta mi è capitato di sentire Dylon Thomas, o chi per lui, attraverso un Hallicrafters SX 28. Sono stati momenti indimenticabili; il verso scandito, il ritmo musicale, la parola raccolta ed offerta con venerazione.
Questo cercheremo di fare, di offrirvi una volta alla settimana la parola dei poeti di ogni tempo e di ogni tempo e di ogni nazionalità; con la voce dell'usignolo, con il giradischi più lento, con i rumori che soltanto la poesia può accettare. Prima che abbia inizio uno dei tanti vostri sogni.

GIAN DOMENICO GIAGNI

 

Che cosa Avrà a che fare la musica - si domanderanno molti dopo aver letto le note di Sinisgalli, Giagni e Rossi - col Teatro dell'Usignolo? Poichè il pensiero dei grandi giunge la notte a sollecitare la meditazione, come può la musica, che parla un altro linguaggio, che eccita altri centri del cervello, amalgamarsi con i concetti espressi da parole? Eppure la musica ha il grande ed affascinante compito di sollevare queste parole, come con le due palme unite, e di porgerle a chi ascolta, benevolmente, con affabilità. E allora il gioco dei due piani sonori che è quello per cui la Radio, e solamente la Radio, è in grado di riunire poesia e musica in maniera comprensibile e gradevole, risulterà così avvincente che non si potranno più concepire i concetti espressi con parole separati da quelli espressi con note. Nelle ore notturne l'anima è portata alla generosità, al godimento del bello, alla maggiore elevazione estetica forse perchè il corpo affaticato si sente vicino al sonno cugino della morte, e per questo la mente è condotta a pensieri alti; in queste ore notturne in cui voci e suoni misteriosi invadono l'atmosfera, poesia e musica si uniranno come in un unico canto; e avranno desiderio di farci udire non solo gli alti concetti chisi in esse, ma proprio il suono fisico delle parole e delle note che, certe volte, è assai più affascinante.

GINO MODIGLIANI

 

«Se c'è una speranza da coltivare, è questa: che la parola, il verbum antico ed immutabile, riottenga la sua formazione chiara ed inconfondibile di suprema espressione: nulla, infatti, è tanto chiaro, nell'arte, come la parola. La quale è canto, musica, pensiero, descrizione, avvenimento, azione, tutto. La radio ha da restituire alla parola la sua mirabile potenza».
Queste parole non sono male - sono di Alberto Casella - ed hanno una data, millenovecentotrentadue. Quindici anni fa. Gli attori anziani portavano le ghette, e recitavano davanti a dei microfoni grandi come lanterne. Avevano rispetto della radio, forse ne avevano un po' paura. Si cominciava a parlare di estetica radiofonica - così, alla buona, senza pensera a quel che si faceva in Francia e in Inghilterra. Ma c'era qualcuno che alla Radio ci credeva sul serio.
Oggi, le parole di Casella hanno ancora le virtù di un programma legittimo, e la retorica di una apirazione. E' un po' triste riconoscere, ma è così. Sono passati invano quindici anni? E' colpa della gente, che li ha sprecati in un qualcosa di molto più fragoroso e nocivo, del raggiungimento di una poesia della radio? O è proprio il mezzo - la radio - che ha limiti troppo angusti, una tecnica deteriore, che resiste sordamente ad ogni esorcismo? Chissà. Si tratta anche di sapere ascoltare con un po' di affetto. Parole che siano un messaggio a chi attende dei messaggi, questo è anche il nostro intendimento, amici, col favore della notte. Gli attori reciteranno senza gridare, e cercherano di rendersi conto di quel che dicono, e dell'esplosiva importanza del loro articolare. Sarà un esercizio utile a tutti, a me per peimo, e ate, che ascolterai, per secondo. Potrei giudicare a ti prego di farlo.

FRANCO ROSSI

 

LEONARDO SINISGALLI è nato a ontemurro (Lucania) il 9 marzo 1908. Ha studiato matematica, meccanica e metallografia nella prima giovinezza: è stato allievo di Levi-Civita, di Fermi, di Severi, di Castelnovo, di Frattappiè. Ha pubblicato, nel 1936, le prime 18 Poesie (edizioni del Pesce d'Oro, acura di Giovanni Scheiwiller) che gli valsero la benevolenza e la stima di Ungaretti, di Cecchi, di de Robertis. A Milano, tra il 1933 e il 1940, s'interessò di pubblicità e di architettura, abitò in via Rugubella 9, dove scrisse i Versi per album e gli epigrammi per San Babila, via Velasca, Porta Nuova. E' stato ufficiale di artiglieria, sulle Alpi prima, poi a Castellenza, a Civitavecchia e in Sardegna. Mondadori ha stampato nel 1943 una raccolta di poesie, Vidi le Muse, con prefazione di Gianfranco Contini; poi 28 capitoli autobiografici: Fiori pari fiori dispari. A Roma sono usciti quasi alla macchia in questi ultimi anni: Horror Vacui, zibaldoncino di spropositi e di propositi, e L'indovino, dieci gialoghetti metafisici. Mondadori ha pubblicato questa estate un altro volume di versi: I nuovi Campi Elisi e annunzia imminenti un libro di prose, Belliboschi, e una raccolta di saggi Furor Mathematicus, Sinisgalli che si picca di essere tra i pochi letterari puri del nostro tempo, è straordinariamente curioso di scienza e di tecnica. I suoi interessi per la Radio non sono dunque casuali.

GIAN DOMENICO GIAGNI è nato a Poteza (Lucania) l'8 luglio 1922, secondo dei sette figli nati nella sua casa. Per anni niente lo ha entusuasmato più del girare vagabondo per i campi intorno, alla sua città. Ha compiuto regolarmente gli studi eclassici fino all'anno del suo ingresso nella Facoltà di architettura della Università di Roma. Ma altre cose lo distrassero in seguito: la letteratura, il giornalismo, la radio. dall'ottobre del 1944 ha collaborato alle più importanti riviste italiane di letteratura con poesie, saggi e scritti vari; ha lavatorato la notte sul banco di composizione di un quotidiano romano, e dall'ottobre del '44 lo si incontra nei corridoi di via Asiago. Ha trasmesso fantasie radiofoniche, riduzioni, conversazioni; ha molta simpatia per i tecnici e per gli annunciatori, poca per i registri. Adesso lavora intensamente per la radio, scrive poesie e racconti. Vive a Roma.

FRANCO ROSSI è nato a Firenze. nel 1919. Come «La Ronda» e il trattato di Versaglia. Ha compiuto gli studi giuridici e lettrari nella stessa città. Non è però nè un giurista nè un letterato. Un giorno ha scoperto che Sainte-Beuve è stato un incerto, un curioso, uno scettico e un gran dilettante; da quel giorno ha avanzato qualche parentela con l'autore di Volupté, ma non l'hanno preso sul serio. Non si considera, dopo tre anni di regia radiofonica, a Firenze a Napoli e a Roma, un grande regista. ha collaborato con Giagni diverse volte - si può considerarlo addirittura il suo regista ufficiale, come Barsacq di Anouhil. - Qualche volta riflette sul «boom» di Orson Welles. Per questo perdona di girare con le maniche della giacchetta rivoltate. Franco Rossi viene dal solito teatro giovanile: vorrebbe ritornarci, con maggior pudore e serietà.

GINO MODIGLIANI, nato a Roma nel 1913, dopo aver compiuto gli studi classici, si è laureato in giurisprudenza e si è diplomato in Composizione. Trascorsi i sei anni di sosta forzata, ha ripreso la sua attività musicale, dedicandola quasi completamente alla Radio. Sono note le sue rubriche radiofoniche. Di questi programmi la principale caratteristica consiste nel fatto che parola e music sono strettamente collegate in modo che l'una sia inconcepibile senza il sussidio dell'altra. Modigliani ha anche scritto e curato i commenti musicali a varie commedie radiofoniche ed ha parteciparo al Manifesto della Radio.
Riguardo alla sua attività di compositore propriamente detto, la Radio ha trsmesso negli ultimi tempi le musiche per
La finta ammalata di Golbini, il suo Salmo LXXIV per baritono e orchestra, e un Trio per pianoforte violino e violoncello.
Ha già collaborato con Franco Rossi, ambedue conoscono vicendevolmente le singole caratteristiche di lavoro.

 

 

 

 

19 Febbraio 2021

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