Teatri e cinema d'oggi
di Leonardo Sinisgalli
in Sapere. Quindicinale di divulgazione
A.III, n.V, n.52, 28 febbraio 1937
Nel libro della sua Architettura, Vitruvio fa precedere al capitolo dei teatri una lunga nota sull'armonia, avvertendo che non sarà eccellente architetto chi non è buon musico e geometra. Egli stabilisce come fondamento di quest'arte la ragione dei numeri e delle figure e dà inoltre le prime regole di quella che molto più tardi sarà l'acustica applicata alle fabbriche. Oggi questo difficile problema è risolto in linea di massima e in SAPERE si leggeranno articoli puntualissimi sull'argomento, affidati alla competenza dei migliori specialisti. A noi interessa invece, sulla documentazione raccolta nel libro del Moretti, (Bruno Moretti - TEATRI, heopli editore in Milano) tenere in secondo ordine il problema tecnico e dedurre, da quelle che sono le premesse dell'architettura moderna, la validità stilistica di alcuni edifici raccolti in questa antologia, e particolarmente darci ragione del gusto nuovo nell'architettura interna delle sale. E' del resto pacifico che la simpatia per le nuove forme esprime soprattutto «una sentenza sentimentale, una consonanza di affetti e di preferenze, un orientamento di abitudini» anche se ciò è estraneo ancora al giudizio dell'arte. Si tratta in ogni caso di acconsentire a una moralità che non è romantica e borghese e neppure naturalistica: convincersi che tutto ciò che è falso e stonato, rappresenta un pericolo per la nostra intimità: che il trucco degli ori, degli angeli di gesso, delle cornucopie ornate di piume di struzzo, dichiara un fondo di dissoluzione e di stanchezza, un equivoco che è la prima leva del disordine. La nostra vita, oggi, esige una maggiore chiarezza e Giuseppe Pagano ha scritto che alla base di tutta la polemica della nuova architettura c'è il postulato di una nuova architettura c'è il postulato di una nuova onestà, una sincerità che si trasforma in orgoglio del nostro tempo, un profondo e volitivo e testardo sentimento di semplicità. Oggi si è capito che perfino l'intonaco e il latte di calce diventano mirabili quando non turbano «il sorriso della divina proporzione». Abbiamo bisogno nella linea di un mobile, come negli accordi di colore di un pavimento con una parete, di un soffitto con una tappezzeria di trovare un punto sensibile o per lo meno un'intenzione. Non possiamo farci più soffocare da tutto il ciarpame decorativo dei viziosi ambienti fine di secolo, dalle croste liberty, dalla funebre solennità dei velluti su cui poggivano i piedi candidi Sarah Bernhardt o Eleonora Duse. Non sappiamo che farcene di tutta l'architettura disegnata con la penna di pavone piuttosto che con la riga e la squadra. Essa è contraria al nostro spirito, e a quel nuovo statuto sociale che, dice Le Corbusier, «lentamente, fortemente, profondamente si è stabilito a causa della macchina». Non si può più guardare una villa di Coppedè, uno scenario di Cambellotti, un costume di Caramba dopo aver visto l'aeroplano di Agello, la sagoma di uno scafo veloce, un ponte in cemento armato o il rettifilo di un'autostrada. Sono pugni nell'occhio.
Contro il vecchio rito funebre e sensuale è nata la nuova architettura solare e casta, esagerando le ragioni dell'intelligenza a scapito dei sensi per creare delle forme di felicità, magari di comfort a questa bête humaine in cui giorno per giorno crescono i dubbi e le inquietudini.
Nel libro del Moretti troviamo documenti efficaci e perfino temerari di questo spirito nuovo, agile, libero, che feconda il vasto campo delle applicazioni dell'architettura alle sale per stettacolo. Così sono definiti con sufficiente precisione gli schemi costruttivi del teatro greco, romano, medievale, di quello elisabettiano, fino al teatro borghese dell'ottocento e alle rivoluzionarie innovazioni di Walter Gropius esposte nel 1930 al Salone di Parigi in un progetto di Teatro ch'egli chiamò totale. Nello schema di gropius la sala di pianta ovale comporta una gradinata e una platea formata da due anelli concentrici, dei quali l'interno può servire da proscenio mobile: oltre questo proscenio circondato dal pubblico, vi è un palcoscenico comune. Fra le dodici paia di pilastri che tutt'intorno alla sala si innalzano a sostenere la copertura sono poi previsti altri palcoscenici minori che si possono utilizzare per azioni sceniche simultanee o chiudere con schermi cinematografici. viene così spinta all'estremo l'unità fra spettacolo e spettatori, che formò un elemento basilare dell'antico teatro freco e medioevale, ritorna lo schema classico delle gradinate disposte intorno all'anello del grande proscenio. Al progetto di Grapius hanno attinto largamente gl'ideatori dei nuovi tetari russi, mentre già si è delineato e imposto ai costruttori moderni (progetto di Gaetano Ciocca) il tema più difficile e suggestivo del teatro di massa, destinato a vaste assemblee di popolo e a nuove e più alte concezioni estetiche e morali.
Il cinematografo si è imposto solo in tempi recentissimi agli architetti come tema a sè. Dopo i primi locali di fortuna e le innumerevoli concessioni al neoclassicismo e allo stile floreale, oggi esso ha tratto motivi di sincerità nella decorazione, da efficaci giuochi di luce, da un'armonica composizione di superfici lisce, dall'ardita sequenza degli sbalzi. Citeremo tra le novità più tipiche lo schema dell'architetto Uno Ahreu per il cinema Flammau a Stoccolma e qualche recentissima sala per cinegiornale.
Stampa | PDF | E-mail | Condividi su facebook