Sito ufficiale della Fondazione "Leonardo Sinisgalli"

Nuove tappe del precompresso

III, n.2 (marzo 1955)

 

Il libro di Riccardo Morandi (*) ha giù fatto in pochi mesi il giro del mondo. È arrivato in Francia, in Inghilterra, in Germania, in Svezia, dove i clans dei cultori del precompresso sono roccaforti inespugnabili, quasi segrete sette. Del resto l'ars aedificatoria, da Eupalino a Villard de Honnecourt, dai comacini ai costruttori di ponti sospesi, comporta la conoscenza di riti, di formule, di macchinette, tramandate di bottega in bottega, di équipe in équipe, di ecclesia in ecclesia, come un magico protocollo. Ci sono invenzioni, dispositivi, diagrammi di lavorazione, schemi compositivi: c'è un metodo alla base di ogni ricerca e di ogni operazione. Il coup de foudre può benissimo arrivare di scatto dove la ragione stenta a fare i suoi piccoli salti. Le strade che portano alla verità sono tutte tortuose. Una illuminazione improvvisa può abbreviare il tragitto, può rendere possibile quello che la regola e il buon senso avevano relegato tra le eccezioni, le aberrazioni. Anche la teoria della coazione, limpidissima dopo gli scandagli di Volterra e di Colonnetti, dopo le applicazioni su scala industriale di Freyssinet, del nostro Morandi e di altri, non è più un segreto di sacrestia. Rimane sempre un segreto di esecuzione. C'è sempre l'incognita della migliore soluzione da scegiliere tra le tante probabili. Riportiamo questa chiara pagina introduttiva dall'antologia di Morandi:

" Durante il lungo periodo di ricerca di questi ultimi venti anni, molti di noi pensarono di utilizzare il concetto degli stati di coazione allo scopo di sfruttare meglio il calcestruzzo ed alleggerire quindi sempre di più le proprie strutture. Nacque la precompressione, questa grande conquista che sta trasformando l'arte del costruire ed il cui stile ancora in formazione promette già il fiorire di una nuova architettura... Ricordiamo che nel lontano 1935, quando iniziammo in Italia le prime prove intese a mettere in coazione una trave di calcestruzzo, eravamo giunti a concepire l'idea leggendo casualmente un articolo sulla tecnica del vetro temperato, reso resistente alle trazioni mediante la possibilità di creare in esso uno stato di coazione. Sognammo che si potesse costringere una struttura di calcestruzzo, mediante una forza preapplicata, a comportarsi come un solido omogeneo delle stesse caratteristiche, a questo riguardo, del legno e del ferro. Il sogno è divenuto realtà, per merito principalmente di Freyssinet, che per primo ha saputo eliminare pazientemente la notevole congerie di difficoltà pratiche che si frapponevano alla realizzazione del metodo. A bbiamo quindi a disposizione questa formidabile tecnica di cui è necessario però attentamente vagliare gli aspetti più delicati. Per ora è una tecnica complessa che obbliga a piegare i nostri operai alla cura di tanti minimi particolari e ad una precisione finora assolutamente sconosciuta nel campo delle costruzioni civili. La precompressione richiede che le forze applicate siano rigorosamente dosate ed abbiano carattere stabile per tutta la vita della struttura ".

Oggi Morandi si muove spedito e sicuro da Roma a Città del Capo, dalla Sardegna a Caracas, dalla Riviera a Ragusa. Si muove senza la sicumera dell'antico Pontifex, il costruttore, il progettista, l'ideatore di ponti. Porta appresso i grandi fogli cianografati dove sono le sezioni, le piante, i particolari costruttivi delle sue opere. Dove arriva, dà un rapido colpo d'occhio all'andamento dei lavori, raccoglie le relazioni dei vari responsabili del cantiere. " Nell'eseguire nulla è trascurabile " diceva Eupalino. Va con gli assistenti a scoprire una magagna, a rendersi conto de visu dei preparativi di un'operazione. Si devono prendere decisioni immediate. Sì raduna un piccolo consiglio di esperti; l'ingegnere Morandi ascolta tutti e decide. In due o tre ore di sopraluoghi, anche quando fa da guida ai suoi amici curiosi, Morandi trova modo, tastando, ascoltando, guardando qua e là, di risolvere dieci, quindici " grane ", come dice lui. " Un progetto, anche il più minuzioso e preordinato, nasconde sempre una infinità di incognite ". Queste incognite sono naturalmente la parte più affascinante per un esperto. L'arte e la tecnica, come del resto la bellezza e la grazia, sono caratterizzate da queste infinite " messe a punto ", che sono un poco le varianti dei filologi, piccoli sfasamenti, impercettibili scarti che di una cifra morta fanno un numero vivo.

Il precompresso, nei calcoli cosmici in cui si trova irretita qualunque esistenza, e quindi anche la mia, dev'essere legato a un tempo incerto, un cielo grigio, a una temperatura da lumache. L'architettura classica e neoclassico sta bene al sole, è nata dalla luce e dall'ombra separate da linee nette.

Mi sono messo in viaggio due volte per andare a cedere questi nuovi ordigni murari e meccanici, un giorno a Trieste, l'altro ieri a Castellaccio in Ciociaria, a due passi da Colleferro, che è la capitale dei B.P.D., i Bomprini Parodi Delfino. Due viaggi sotto un cielo tempestoso. Il precompresso non nasce facile, non nasce sulla carta. Esiste, come una costrizione, una regola che l'uomo impone alla natura. il precompresso è, in certo senso, contro natura, è un'autentica vittoria dell'intelligenza. Un assistente, il geometra Murchio mi pare, raccontava alla mensa nella baracca che quando furono smontate le impalcature e le casse forme (dentro cui erano state prima fissate le trecce d'acciaio ad altissima resistenza, colato il calcestruzzo e quindi, dopo una ventina di giorni, tesi i cavi con una forza di 10 000 Kg per centimetro quadrato), ci fu un momento molto emozionante nel cantiere, come al varo di una nave o al sollevamento dell'obelisco in piazza San Pietro. Alcuni andarono su un poggio poco distante a godersi lo spettacolo di questa linea dritta orizzontale, della lunghezza di 70 metri sollevata nel paesaggio e che tagliava l'orizzonte come la lama di un rasoio. Morandi ci spiegò, schizzando sull'intonaco di una parete, il meccanismo della coazione e ci fa lo schema di questo stupendo telaio iperstatico, uno dei più audaci dei mondo, con due luci continue di 35 m ciascuna, che apre nel salone di lavorazione dell'edificio, destinato alla fabbricazione delle fibre tessili, immense aule ininterrotte, superbi parallelepipedi d'aria, mai visti (pensavo ai lastroni di ghiaccio che all'alba vengono scaricati nelle latterie). Poi ci porta a guardare da vicino le complicate viscere della trave e le testate dove gli spaghi di acciaio sono stati tirati a tre a tre e poi bloccati con uno spinotto.

Ho visto pure il bellissimo hangar per il deposito della lana, 50 m di lunghezza, 22 m di altezza, 20 m di luce, coperto di una serie di conoidi rigati. È un magazzino che ha la solennità di una basilica. E del resto qui intorno, tra le distese ondulate dei campi, le colline dolci, si beve un'aria e una luce, ora che è spiovuto, che richiama la quiete dei luoghi scelti dagli antichi per i loto templi. Ma che altra musica qui, tra poco! Si sentirà il sibilo, il fruscìo, il fermento di una materia senza requie. LA materia che più assomiglia all'insetto al grande bruco fervoroso.

* Strutture di calcestruzzo armato e castelstruzzo precompresso, Libreria Dedalo Edit., roma 1954.

12 Gennaio 2012

Fondazione
Leonardo Sinisgalli

C/so Leonardo Sinisgalli,44
85053 - Montemurro (Pz)
Tel./Fax 0971753660
C. F. 96058490762

2966682