La forma non si esaurisce nel suo involucro
di Leonardo Sinisgalli
in Arti e Costume
Milano, settembre 1951
"L'impatience me prend aussi bien qu'à vous et, quoique je sois encore au lit...": è Pascal che, malgrado il mal di denti, scrive a Fermat la famosa lettera del 29 luglio 1964, e comunica, in parole più solenni, nel latino delle supreme dissertazioni:
DUORUM QUORUMLIBET
CUBORUM PROXIMORUM DIFFERENTIA
UNITATE DEMPTA
SEXTUPLA EST OMNIUM NUMERORUM
IN MINORIS RADICE CONTETORUM.
Ci sono le fondamenta del calcolo delle Probabilità, c'è il seme delle Teorie Statistiche, applicate da Fermi allo studio dei gas elettronici dei metalli, e dagli esperti di genetica alla riproduzione e alla moltiplicazione delle mosche e delle pulci. Le più strepitose esperienze di oggi portano dunque questo sigillo pascaliano. Il colpo di dadi viene a sostituire la sicumera della infallibilità. Nasce il principio d'indeterminatezza che renderà molto meno rigida, addirittura esitante, la ragione di un evento.
Volevamo allontanare subito qualunque sospetto di misticismo, di ottusità positiva, prima di avviare un coomento a queste forme armoniose. Potevamo sentirci autorizzati alla superficialità, alla goduria accademica, al sollucchero delle pupille e delle papille, alle raffinatezze dei millepiedi. Ma possiamo ormai garantirlo con tutta serietà: non bastano gli occhi a farci godere profondamente la fisionomia di un fiore o di una ruota, d'una stella o di un cristallo. Così come non bastano i numeri a contenere interamente la Bellezza.
Siamo spesso dubbiosi nella scelta tra una sostanza peritura e un'immagine immortale, tra un fiore di zucca e un endecasillabo. Ma la natura non fabbrica solo prodotti effimeri: una conchiglia, una rotula sembrano per virtù del loro scheletro gareggiare con le forme dell'intelletto. Vediamo quindi che il numero - quando entra in modo visibile o invisibile (come involucro o come legge) nel processo generativo di una forma ( e diventa geometria oppure sequenza, ripetizione) - quasi sempre dissangua, mummifica, spezza il principio vitale, e inserisce quel parametro d'immobilità o insinua quella monotonia che pone un oggetto e un'immagine fuori del tempo, lasciando, al di là del suo dominio, libero campo agli accidenti, ai capricci, ai mostri.
Mettiamo allora su un piatto della bilancia i gusci logarirmici della PYRUA PUGILINA e della FUSUS LONGICAUDA e sull'altro una patata, una stupida e brutta patata.
Il numero permette anche alla natura di fabbricare in serie (l'ortolano non può mutare tutti i giorni la forma del fagiolo! è detto nella Lezione di Geometria) e con un minimo spreco.
Gli studiosi di Scienza delle Costruzioni vanno infatti raccogliendo nel mondo creato gli esempi più eloquenti per la migliore utilizzazione del materiale elastico. Fin dal 1638 Galilei poneva sulle labbra di uno degli interlocutori dei suoi Discorsi e dimostrazioni intorno a due nuove scienze il richiamo ai solidi vacui dei quali l'arte e più la natura si serve in mille operazioni, di guisa che «senza crescere peso si cresce grandemente la robustezza, come si vede nell'ossa degli uccelli e in moltissime canne che son leggiere e molto resistenti a piegarsi e rompersi»; e aggiungeva «che un'asta vuota o una canna di legno o di metallo è molto più salda che se fosse di altrettanto peso e della medesima lunghezza massiccia». I costruttori aeronautici hanno infatti rivolto i loro studi alla sezione del fusto di una felce, la CYATHEA USAMBARENSIS, e a quella di una particolare coda cavallina, l'EQUISETUM TETMALEYA, con l'anello resistente esterno rinforzato da nervature radiali. Si potrebbe a questo punto citare l'impertinente ipotesi di Bergson e dire che proprio gli esseri inferiori e gli stadi di vita latente restano prigionieri delle formule matematiche; che, laddove compare la coscienza e il sesso, l'ordine cosmico faticosamente deve lottare contro l'impulso al caos del nostro spirito, contro il nostro slancio verso la morte.
Da un'attitudine puramente rinascimentale nel guardare una cipolla o una melagrana, si può passare alla definizione in termini barocchi di una nuvola o di una ruota, si può godere una chiave come un feticcio arcaico e raccogliere, sotto lo stesso attributo, le amebe e gli infusori, i microrganismi e i microcristalli, i bacilli e i radiolari, Klee e la agocitosi, Kandinsky e le esperienze sul nucleo.
Il convergere di molteplici indizi, teologici e strumentali, fisi e metafisici, ha reso decifrabili certe immagini, certi ideogrammi, certi conglomerati di segni e di figure che fin'ora si proponevano piuttosto come enigmi, come tabù.
Che la pittura di Klee abbia determinato la invenzione del microscopio elettronico è un paradosso, ma può essere anche una meravigliosa congiunzione storica. Che i quadri di Kandinsky siano coetanei delle teorie di Plank e degli Isotopi, e che soltanto sotto questa luce possano divenare ossessivi o profetici, è, per chi ne ha bisogno, una splendida riprova della loro fatalità.
Veniamo così a constatare come le ricerche che appaiono le più gratuite possono essere le più valide, e come le esplorazioni nei campi più lontani e più oscuri possano convergere verso un apice di chiarezza abbacinante.
La forma non si esaurisce nel suo involucro, reclama altri sondaggi oltre il ritratto. Chiede un ago, un ago sempre più sottile, appunto un raggio o un'onda, di suono o di luce.
NOTA. E' recente una mia conversazione con un geniale costruttore italiano, l'ingegnere Pier Luigi Nervi, sui rapporti tra le forze e le forme e sui suggerimenti che può dare la natura a chi non vuol farsi incatenare delle convenzioni espressive. Nervi ha paura dei cubi come noi abbiamo paura dei sonetti. Egli trova che una foglia è una superficie portante straordinariamente suggestiva. Ha visto in Brasile i rami orizzontali diun albero, protesi a più di venti metri dal fusto, che avevano una sezione «a goccia» statisticamente perfetta. E i suoi entusiasmi per il gotico? ome hanno fatto a resistere nei secoli i rosoni di Notre Dame? Così, di palo in frasca, sempre dubitosi nella determinazione di un limite tra il calcolo e l'albitrio, tra la fatica e la grazia, tra una rosa e un endecasillabo...
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