Sito ufficiale della Fondazione "Leonardo Sinisgalli"

La pittura, la poesia

di Leonardo Sinisgalli
in Beltempo
Roma, 1942

Se sul letto avrò il tempo e la conoscenza, come ho viva stasera la speranza, di essere esaudito in un desiderio estremo, io chiederò ai famigliari ed agli amici che mi sia mostrata per l'ultima volta quella piccola stampa a colori che ho nella mia stanza lontana, attaccata a una parete dietro le spalle. I bambini quando piangono non chiedono di vedere il paradiso: basta unn nulla per quietarli, basta dir loro di guardare, di guardare intensamente quella gabbia o quel ventaglio, quel topo o quella rosa, una lampada o una bilancia. Tante volte è una palla; una palla nelle loro mani vale più del paradiso. La piccola stampa che mi cadde sotto gli occhi, non per caso ma per destino, il giorno che sfogliavo in una cartoleria della città un album di riproduzioni a colori, ha per me lo stesso potere magico che ha la palla nelle mani di un bambino. Il potere di spezzare le lacrime, potrei dire con estremo pudore, il potere che ha il colpo improvviso della mano sulla nuca, che mi stagnava, ragazzo, il fiotto di sangue nelle narici. Non che la piccola stampa abbia mutato il corso della mia vita (a nessuno di noi orami può accadere altra sorpresa maggiore che scrivere qualche verso, ancora, qualche endecasillabo un poco scucito), non che la piccola stampa abbia mutato in nulla i miei affetti o le mie follie. Essa ha dato un senso ai miei crucci, alle mie speranze, una ragione alle mie giornate. Io ho fatto una volta a una persona molto intima, una donna forse o un amico, non ricordo, una confessione assai segreta, io ho detto un giorno: sarei felice se prima di morire potessi scrivere una poesia che valesse questo quadro. Non chiedevo una gran cosa, ma certamente una cosa che a me bastava, che mi sarebbe bastata sempre, più che mangiare o andare a nozze. Non chiedevo di scrivere la Vita Nova o La sera del dì di festa; io chiedevo una cosa diversa: domandavo di esprimere della mia vita l’incanto ch’era in quel quadro, la calma che era in quelle figure, non la pena, non il cielo, ma la felicità di quella umana passeggiata in un pomeriggio di domenica lungo la riva del fiume. Ma ogni volta che io mi ricordo di quella stampa mi accorgo di essermene allontanato sempre più, mi accorgo di aver trovato un senso diverso di quella verità. Certo, a quel tempo, io mi ero fatto straordinariamente esperto a scoprire nella mia vita l’incanto di alcune ore, di alcune apparizioni in certe ore, di certe apparizioni in alcuni luoghi. Io allora pensavo che bastasse una data a fare per me poesia, che bastasse scrivere “Genova 14 aprile 1938”; oppure un semplice indirizzo sopra una cartolina, per evocarmi un amico, una strada, una città. La mia verità si impoveriva, ma ogni volta guardavo quella piccola stampa e trovavo sempre qualche cosa di più, qualche cosa che io non riuscivo a esprimere, che forse non sarei riuscito mai a dire se non a me stesso, e che certamente mi sarebbe stata rivelata in punto di morte. Ora io cerco talvolta di vincere quella amorosa soggezione. Ma mi accorgo di scantonare, di tradirmi. Ora io so che nei momenti di tristezza e di solitudine, quando le parole degli altri mi arrivano da troppa distanza e mi colgono impreparato e mi portano dei messaggi che io capisco sempre meno, a causa della distanza, a causa della solitudine, io mi attacco disperatamente alla verità di quella piccola stampa. Mi consolo di essermi accostato più di tutti a quella verità, di averla amata più di ogni altra cosa al mondo, di aver amato in quella verità quel poco che della vita mi interessa di ricordare, quel tanto di me che mi piace nascondere. Io so che quella piccoli stampa è di tutte le cose al mondo, più di mia madre, più del mio amore, più dei miei due o tre amici, la cosa che più mi somiglia. Mi somiglia come i miei versi, i pochi versi che mi somigliano e che nessuno scoprirà tra i versi scritti, forse nemmeno le persone che più mi somigliano. Io credo che siano così poche al mondo le persone che desiderano rassomigliare a quella mia piccola stampa piuttosto che a un sonetto della Vita Nova o ai divini versi di La sera del dì di festa. Poche persone che abbiano tanta debolezza di cuore.

09 Gennaio 2021

Fondazione
Leonardo Sinisgalli

C/so Leonardo Sinisgalli,44
85053 - Montemurro (Pz)
Tel./Fax 0971753660
C. F. 96058490762

2855051