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Sinisgalli e il poeta del marketing moderno

di Gianni Lacorazza

Leonardo Sinisgalli era conosciuto come “il poeta-ingegnere”, appellativo sintesi di una identità complessa, che in realtà non tiene conto dei circa trent’anni in cui ha svolto la professione di art director per grandi aziende dell’industria italiana, offrendo un contributo determinante alla comunicazione e alla pubblicità moderna del paese.
Per Sinisgalli l’avventura pubblicitaria iniziò nel 1938, quando Adriano Olivetti lo chiamò per affidargli l’Ufficio Tecnico di Pubblicità a Milano. Quella esperienza «di fatto inaugura – scrive Giuseppe Lupo – la tradizione degli intellettuali di cui si è circondato l’ingegnere Adriano»,1 e fu il primo vero campo di sperimentazione per Sinisgalli del rapporto tra la produzione industriale, la comunicazione e i bisogni del mercato, alla ricerca di spunti creativi che fossero un passo oltre la linea del consueto. Lo testimoniarono tanto i manifesti quanto le vetrine che Sinisgalli allestiva tra Roma e Milano, e più in generale tutta l’attività sulla quale anche Elio Vittorini pose attenzione, paragonando il lavoro dell’ufficio di Sinisgalli al modello americano e definendolo come «umanesimo pubblicitario olivettiano».
Risale infatti proprio a quegli anni un’esperienza che ha fortemente caratterizzato la reputazione di Sinisgalli come art director, quando con Costantino Nivola e Giovanni Pintori realizzò nel 1939 il celebre manifesto de “La rosa nel calamaio”, impiegato per la pubblicità delle macchine da scrivere Olivetti Studio 42 e Olivetti Studio 44. Innovativo e poetico: sulla locandina non figurava il prodotto reclamizzato ma una rosa in un calamaio, oggetto ormai non più utile all’antica funzione ma “risignificato” a nuovo e originale contenitore di bellezza. Grafica senza claim, ermetica e spregiudicata in quello che oggi sarebbe divenuto il less is more, pilastro teorico di gran parte della comunicazione moderna.
Poi arrivò la guerra che fermò tutto. Subito dopo, nel 1948, Sinisgalli si ritrovò con il manager Giuseppe Eugenio Luraghi a fondare la rivista “Pirelli” per l’omonimo colosso italiano. Mentre pian piano si entrava in quello che fu il “miracolo” italiano, periodo in cui ai bisogni primari delle persone andava affiancandosi il desiderio di beni di posizionamento sociale, di status, che molti ormai potevano permettersi (l’automobile, l’arredamento ecc.).
Cominciava dunque una nuova era in cui la pubblicità stava assumendo un’importanza mai avuta prima. Tutti i grandi attori del mercato investivano in questo campo e Sinisgalli si trovò già con l’esperienza di chi aveva partecipato da protagonista alle stagioni precedenti, in cui pochi erano stati i pionieri della strategia di “posizionamento di un marchio” – come si usa dire oggi – e Olivetti chiaramente aveva lasciato il suo segno.
I mercati crescevano per qualità e quantità e soprattutto le grandi aziende si affidavano sempre più a creativi, intellettuali, poeti e artisti che facessero la differenza. Sinisgalli era ormai un punto di riferimento del settore quando, alla Pirelli, oltre alla rivista curava anche la pubblicità. È del 1948, ad esempio, il noto manifesto “Camminate Pirelli” realizzato con Ermanno Scopinich.
Nel 1953, Sinisgalli passò con Luraghi a Finmeccanica e insieme fondarono “Civiltà delle macchine”, rivista nata come house organ per le imprese aderenti, ma che sin da subito si caratterizzò per innovazione e integrazione tra culture. Anche nella pubblicità, la rivista divenne ben presto punto di riferimento del settore, in virtù sia delle inserzioni pubblicate, sia per il dibattito che alimentava grazie agli articoli di grandi nomi del campo. Dopo l’esperienza di “Civiltà delle macchine”, Sinisgalli fu consulente pubblicitario per l’Eni di Mattei, per la Bassetti, l’Alfa Romeo, l’Alitalia, la Mobili Mim, fondando nel 1964 la rivista “La botte e il violino” e nel 1965 “Il Quadrifoglio” per Alfa Romeo.
Circa un trentennio in cui l’attività di art director era affiancata a quella di poeta, come se non ci fosse differenza tra esprimersi in versi o in metafore grafiche con cui, pur se con finalità commerciali, non rinunciava a seguire l’orizzonte di un’alfabetizzazione sociale e culturale. Con l’arrivo delle agenzie, la pubblicità cambiò e Sinisgalli accusò il colpo. «L’estro viene sostituito dalla regola. Nel mondo della produzione e della cultura di massa c’è posto per i copywriters (sic), non c’è posto per i poeti. La mia presenza è imbarazzante», scriveva nel 1965 in una lettera a Luraghi, ripresa da Franco Vitelli nell’introduzione di “Pneumatica”.4 Nonostante ciò, oggi si continua a riconoscere il segno di Sinisgalli nella pubblicità. Si pensi ad esempio allo slogan “disegnata dal vento”, a lui attribuito quando l’Alfa Romeo produsse la Giulia tra il 1962 e il 1963, e riutilizzato nel 2012, in occasione dell’uscita del nuovo modello, a distanza di decenni.
Poeti e intellettuali hanno dunque offerto alla pubblicità un contributo tuttora oggetto di riflessione in un mondo ormai fortemente condizionato dai nuovi media digitali, quelli che caratterizzano la “civiltà delle nuove macchine”, richiamando a quella stagione con l’esigenza di ritornare anche a un ruolo di rieducazione culturale. Nel 2017, ad esempio, Paolo Iabichino in “Scripta volant. Un nuovo alfabeto per scrivere (e leggere) la pubblicità oggi” riprende questo tema facendo riferimento alla stagione in cui i pubblicitari si ispiravano a Montale, Ungaretti, D’Annunzio e venivano intesi come autorevoli tutori della creatività pubblicitaria. «Oggi – afferma – da un lato sento che una scuola pubblicitaria basata ancora su quel tipo di formazione non può rispondere alle esigenze del marketing contemporaneo, ma dall’altro sento anche mancare riferimenti formativi più precisi per chi vuole avvicinare in questi anni il mestiere della scrittura pubblicitaria».
Sinisgalli si rivolgeva a Ungaretti e Montale già nel 1953, quando proprio su “Civiltà delle macchine” li invitò a riflettere sul rapporto tra uomo e tecnologia, tra umanesimo e scienza, e a quella stagione probabilmente va attribuito anche un primo vero fondamento culturale del marketing moderno, che ancora non ha smesso di guardare ai poeti.

12 Novembre 2020

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