Discorso ai soldato e ai cavalli
trascritto da Leonardo Sinisgalli
in Aretusa
A.II, n.9, mag 1945
Ecco il testo del discorso pronunciato dal colonnello C., nel 1942, in occasione della fesra di San Floro e di San Lauro, protettori del reggimento. La disposizione tipografica è la stessa che il colonnello diede al suo manoscritto. Più che una tiritera di vane parole egli ordì un vero spettacolo, tra macabro e sacramentale, una festa luttuosa, interrotta da spari, da nitriti, da pianti.
MIEI SOLDATI!
Molti speroni sono senza rotelle
Le fruste sono senza i fiocchi
Le ruote hanno i raggi spezzati
Le zampe non hanno potuto essere ferrate.
La nostra bella Unità ha avuto perdite considerevoli a V, a C, a S. Il secondo Gruppo del tenente colonnello d'A. ha perduto il suo comandante, 10 ufficiali, 18 serventi ai pezzi, quasi tutti i cannoni e alcuni conducenti.
Gli altri due gruppi chiamati 11 volte in appoggio ai battaglioni di fanteria hanno lasciato sul campo più della metà dei loro effettivi.
Ma le anime dei morti
Sono qui presenti
e ci chiamano!
Vicino a ogni scheggia dei nostri otturatori, accanto a ogni minuto pezzo dei nostri cannocchiali, sono sicuro che giacciono le clavicole dei soldati e le rotule dei quadrupedi.
Sono certo che sotto terra le ossa dei piedi
sono ancora nelle staffe.
Il colonnello d'A. è questa mattina tornato tra noi. Ha voluto partecipare alla festa del suo Reggimento.
(Avanza l'attendente del ten. col. d'A. Porta
attaccati alle briglie i due cavalli superstiti e
un astuccio di velluto nero).
Ho fatto estrarre dall'urna le 45 schegge che tagliarono i suoi vasi e produssero la sua morte per dissanguamento:
8 furono estratte dalla gola
16 dal torace
5 dagli avambracci
4 dalle mani
3 dal ginocchio sinistro
3 dal piede sinistro
6 dalle gambe.
Miei Soldati!
Non una sola scheggia l'ha colpito alla schiena!
Il colonnello d'A. ha guardato in faccia la morte fino al momento supremo.
Vi sia d'esempio cannonieri superstiti del 2° gruppo.
Ho stabilito d'accordo con il Generale e con la vedova dell'eroico comandante che ciascuno di voi abbia in consegna per tutta la vita una di queste unghie d'acciaio.
La conservi
come un pezzo
di croce.
(Si fa la distribuzione delle schegge, raccolte
nell'astuccio, agli artiglieri del secondo gruppo).
Sono riuscito dopo innumerevoli difficoltà a farmi assegnare dalla Superiore Intendenza
5 sacchi di suole
40 selle
220 ferri
14 conceni di puntamento
200 farsetti
200 camicie.
Mi hanno promesso giubbe pantaloni e stivali.
Non abbiate vergogna, miei artiglieri, se il bosco è stato bruciato. Quest'inverno di guarnigione servirà a rinverdirci.
Le ferite saranno sanate
i filari ricostruiti
la mangiatoia sarà colmata
la lettiera avrà paglia e rinfresco.
La bandiera che pezzo per pezzo fu da noi inghiottita, la notte di V. sarà fatta sputare al nemico. L'asta è ancora nelle nostr mani. Rifiorirà.
Voi avete rinunziato alle vostre medaglie e ai vostri nastrini fintanto che una bandiera non sarà da Voi stessi conquistata.
Cannonieri del 27°!
Un anno di sudori, di marce forzate, di fuoco
ci ha uniti nella stessa sorte.
Siamo intrecciati
come i cordini delle fruste
come i capelli delle criniere.
Le cinque dita del Reggimento:
ufficiali
soldati
cavalli
cannoni
munizioni
sono state mutilate.
(Il colonnello spinge in avanti il pugno chiuso
dalla mano destra e sporge le dita a una a
una: il pollice, l'indice, il medio, l'anulare, il
mignolo).
Ma il polso è netto, il braccio è ancora sincero, il gomito generoso. Il Reggimento è un troncone di ulivo che caccerà gli arbusti dalle radici!
(Ricordo che a questo punto fece portare dentro
i canestri le ossa dei piedi tagliati per congelamento,
fece eseguire davanti a tutti sopra
un vecchio arbusto di sorbo selvatico due
innesti di melo, dedicati alle due medaglie d'oro
del Reggimento. Promise che sarebbero tornati
tutti in pellegrinaggio, tutti i vivi, a veder
fiorire di primavera, i meli sul sorbo sterile, ecc..).
Il colonnello fece poi radunare i cavalli. Furono disposti in circolo, bardati di tutto punto, perfettamente inguerniti con doppia briglia e senza paraocchi. Aveva fatto radere in anticipo le code e le criniere, pulire gli occhi, le narici, gli ani. I cavalli gli furono presentati da tre marescialli maniscalchi, uno per Gruppo, oltre che dai veterinari subalterni e dal capitano veterinario.
Più della guerra - egli disse - nella vostra comunità sono accadute quest'anno gravi sventure.
Tre epidemie:
Una di freddo
L'altra di tetano
E la morva.
Molti tra voi sono gli assenti, giovani e vecchi, puledri e brocchi. Ogni lettera ha dato il suo triste contributo, dalla D. alla S.
(Le lettere sono le iniziali dei nomi dei cavalli
e indicano anche l'età secondo una convenziobe
nota).
Abbiamo fatto tutto quanto era possibile per salvarli. Non sono mancate le iniezioni nè le possibilità d'isolamento. Le scuderie furono sempre scelte con i criteri più giudiziosi.
Avete occupato i corridoi dei conventi
le aule municipali
le chiese dirute
e perfino le scuole.
Non è stata fatta alcuna ecoomia di disinfettanti. Finchè è stato possibile avete evitato l'addiaccio, il governo è stato cavilloso, la cura delle ungie e degli occhi esagerata, le bevute canoniche, il foraggio abbondante.
Sono stati scelti i conducenti tra i sardi, i campani, i lucani, i siciliani, i ragazzi pratici e affezionati, ragazzi corti e leggeri. Siete stati condotti al fiume nei mesi caldi: un soldato della sesta batteria è annegato per salvare la sua pariglia. Credo d'aver avuto per voi le stesse premure che ho avuto per i miei uomini: ci sono stati più ferri che scarpe di ricambio, più cavezze che camicie.
Avrete modo anche voi d'ingrassare per qualche mese, durante il completamento dell'organico. Cambierete il pelo, le unghie, il sangue. Allestiremo un campo ostacoli, farete delle passeggiate, delle cacce, dei concorsi. Avrete biada e carrubbe se rimarremo vivi.
Se saremo vivi, cavalli da sella e da tiro, cavalli integri e castrati, balzani e stellati, fulvi e codimozzi, non finirete nei mattatoi, ve lo prometto.
Non finisce al mattatoio un cavallo di buon governo, un cavallo del 27°! Muore sul campo o invecchia alla stanga!
Questa fu l'orazione pronunciata dal colonnello C. in occasione della festa di San Floro e San Lauro, protettori del Reggimento.
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