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Ghirigori a tre dimensioni

IV, n. 6 (novembre-dicembre 1951)

 

IL BAMBINO RICCARDO NAVA, AUTORE DI PLASTICI, HA NOVE ANNI. E' ALUNNO DELLA QUARTA ELEMENTARE DELLA SCUOLA COMUNALE DI VIA SPIGA. IN MILANO. E' UN BAMBINO VIVACE, VORACISSIMO, CARNIVORO, MA POCO SPORTIVO.

 

Questi pupazzi che una mano industriosa ha confezionato coi fili del biplasto, un filo tenero e obbediente come il segno di un lapis, questi abbozzi mi fanno pensare ai ragni del filosofo austero, i ragni di Baruch Spinoza fatti con la mollica di pane, mi fanno pensare anche alle bambole drammatiche di Maria Signorelli fatte con lo spago e gli stracci.

Disegni che si sfilano come una calza, disegni elastici, arguti, caricature affettuose che mi ricordano gli animali che un giocondo signore con le mani grasse veniva a disporre, improvvisando con la stagnola dei cioccolatini, sopra il tavolo di una trattoria.

Che cosa trovo di veramente suggestivo in queste strutture, in queste gabbie? Ch'esse abituano le mani a pensare. Ed è in fondo, a guardarci bene, un esercizio che molto assomiglia a una danza: le due mani si avvicinano, s'intrecciano, si aiutano a vicenda, per comporre una figura armoniosa, un ghirigoro a tre dimensioni, come non possono fare i piedi di una ballerina.

Anche un albero può essere costruito in biplasto, una bicicletta, un pellegrino. Che cosa non hanno fatto i calligrafi con la penna?

Ora il mondo è sorpreso dei capolavori minuscoli scoperti in Sardegna, i famosi bronzetti nuragici. Nessuna meraviglia se ci mettiamo a guardare con serietà e ammirazione queste espressioni enigmatiche e leggere, che stanno tra il simbolo e il gioco, tra lo spauracchio e la marionetta.

16 Dicembre 2011

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