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La città modena nell'officina poetica di Sinisgalli

di Alberto Bevilacqua
Corriere della Sera, 28 dicembre 2010

Leonardo Sinisgalli, poeta, scomparso nel 1981. Le antologie più accreditate ne contemplarono l' opera e la figura, mettendo da parte, in genere, quella raccolta di liriche che ha per titolo Dimenticatoio. Trascuratezza profetica in negativo. Nel dimenticatoio, infatti, Sinisgalli è caduto, con buona dose d' ingiustizia. Per essere ricordati come poeti - affermava Giorgio Caproni - bisogna aver cura di non deviare dalla categoria. Ma l' estro deviante, in Sinisgalli, è sempre stato una tentazione invincibile. Prima le prove nell' esperienza ermetica, poi il culto dei valori del mondo contadino, infine il coinvolgimento in una produzione poematica immersa in una scientificità astraente. Non soltanto coi versi. La raccolta delle sue Pagine milanesi (Hacca Edizioni, pp. 160, 12), ben introdotta da Giuseppe Lupo, dimostra fino a che punto abbia avuto peso - nella capitale lombarda dove arrivavano l' astrattismo e il razionalismo - la contaminazione con l' architettura, il design, l' arte figurativa. E fattivamente il lavoro per importanti imprese industriali, la Società del Linoleum, che ispirò i Ritratti di macchine, l' Olivetti. Fra le due guerre, Milano fu un' officina culturale vivissima, ma anche l' analisi di quell' officina è scivolata via via nel dimenticatoio. Arrivando nel clima milanese, Sinisgalli ebbe modo di legarsi a poeti come lui appartenenti all' ermetismo meridionale - Raffaele Carrieri, Alfonso Gatto, Salvatore Quasimodo - mentre creava sodalizi con Cesare Zavattini e i pittori Domenico Cantatore, Lucio Fontana, Atanasio Soldati. Verranno altri sodalizi con gli architetti del movimento razionalista: da Gio Ponti a Giuseppe Terragni. Le Pagine milanesi sono articoli e interventi vari polarizzati, specie a partire dal 1933, dall' «Italia Letteraria» (ex «Fiera Letteraria», che vide la direzione di Umberto Fracchia, Giovan Battista Angioletti, Curzio Malaparte). Il poeta, nato respirando aria lucana, e che già aveva respirato aria romana, è costretto dal luogo comune a scrivere del suo approdo: «Sono giunto in questa città una sera d' inverno, faticosamente il sangue ha fatto abitudine agli agguati della nebbia». L' arrivo è nel dicembre 1933. Ma, preso nel piccolo vortice di esperienze diverse, il poeta arriva, via via, a ben altre, persino retoriche, formulazioni; ad esempio: «Città fedele, fortunosa e napoleonica, cara città, ci si innamora come di una sposa non troppo bella». Le Pagine milanesi hanno frammenti memorabili, come quando raccontano delle strampalate nozze di Alfonso Gatto con Jole o delle gite a Luzzara con Zavattini. Con buon intuito, Giuseppe Lupo rileva come venga assorbito un andamento picaresco, fino a dar voce a una comunità di individui bizzarri e fantasiosi che poi troveranno espressione in un film come Miracolo a Milano (De Sica, Zavattini, col suo Totò il buono). Ci si è chiesto: possibile che questo mondo di barboni e diseredati, pronti a volarsene via a cavallo delle scope, abbia rappresentato il ventre di Milano? Sinisgalli ci aiuta a capire che, sì, almeno nel suo periodo di soggiorno, su questo miracolo si poteva fantasticare. E Milano era una città in cui buona parte della gente faceva proprio un altro augurio di Zavattini: che il «Buongiorno» fosse realmente un atto di fede negli altri. E oggi? Tutto il mondo è paese. Anche il «Buongiorno», come certi poeti, scivola nel dimenticatoio delle emozioni. 

28 Dicembre 2010

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