Paese lucano
Paese lucano, un ricordo di Mimmo Castellano. «Eravamo confinati: lui lucano, io pugliese, entrambi di carattere aspro e generoso, perciò destinati ai grandi amori, alle grandi liti e successive limpide riappacificazioni. Il nostro primo incontro avvenne per il mio primo piccolo libro La valle dei trulli, di cui scrisse la prefazione. Poi mi affidò la progettazione di "Paese lucano" per conto dell'Eni, un libro che mi avrebbe portato fortuna. Conservo il fogliettino, scritto da entrambe le facciate, che scarabocchiò seduti ad un tavolinetto di marmo rosa in una saletta del caffè Greco (nell'immagine centrale). Il progetto editoriale tutto lì: una serie di impulsi elettrici che servivano a provocare le mie reazioni una volta sul territorio. Quel foglietto fu molto efficace. Litigammo perché mi voleva imporre una Linhof 13x18. Conservo anche una lettera (immagine in basso) in cui mi aizzava a lavorare con lui a Roma per l'Alitalia, di cui Sinisgalli era direttore artistico».
Un figlio nato male
Ci sono autori con cui si stabilisce una sorta di patto di sangue, una intesa indissolubile dovuta a origini e a un sentire comuni, a percorsi di ricerca paralleli in spazi temporali differenti ma contigui. Sono persone per le quali si nutre un affetto e un rispetto particolare, è quello per i padri e i maestri e durerà per sempre.
Paese lucano di Leonardo Sinisgalli e Mimmo Castellano fu pubblicato per la prima volta nel 1964 dall'editore Amilcare Pizzi di Milano. Di quel monumentale fotolibro furono stampate 500 copie e diffuse dall'Eni come strenna natalizia.
Le immagini raccolte furono il risultato di un viaggio durato tre mesi attraverso la Basilicata, seguendo l'itinerario culturale indicato da Leonardo Sinisgalli. Sinisgalli intercala alle fotografie pagine con versi dei poeti lucani e una selezione di canti popolari trascritti dal dialetto, «così che il lettore può spingere più addentro la conoscenza della nostra dolorosa provincia». Lo storico della fotografia Italo Zannier sostiene che «nuovi segni emersero da questo volume, il cui autore è un grafico, oltre che un fotografo e, quindi, seppe connettere le due discipline con nuove trasgressioni alle vecchie regole, ai tradizionali valori.
Sinisgalli ad Alberobello, 1964. Sotto Mimmo Castellano negli stessi anni.
Lo sguardo di Castellano sembrò avere un'elasticità sconosciuta, nei rapidi passaggi dal dettaglio al panoramico, dall'epidermide delle cose alla loro struttura essenziale, come aveva già fatto in un altro fotolibro, Moods (Leonardo da Vinci, Bari, 1960), in cui soggetti comuni (innocui legni di palizzate, macine di pietra, aratri, muri gessosi dei trulli), scarnificati dal kodalith, erano diventati, tramite la fotografia, emblemi di arcaici, fiabeschi guerrieri, o di leggendari totem».(1)
Nel 2006, in occasione del centenario della nascita del poeta Leonardo Sinisgalli e in seguito all'acquisto da parte del comune di Montemurro, suo paese natale, della sua biblioteca e di altri suoi materiali, le riviste aziendali, per ordinarli in una esposizione permanente nella sede della nascente fondazione, proposi al Consiglio Regionale della Basilicata di rieditare Paese lucano. Misi inoltre a punto un progetto più ampio di attività culturali e promozione da sviluppare con l'aiuto di Castellano e con il coinvolgimento di giovani del posto, ll design delle emozioni. Leonardo Sinisgalli, il genio delle analogie, che prevedeva tra l'altro la pubblicazione del libro e una mostra di quelle stesse fotografie.
La mostra avrebbe potuto non fermarsi in regione e, magari arricchita da una ricerca di qualche giovane fotografo invitato oggi a ripercorrere la Basilicata, avrebbe potuto fare il giro del mondo, New York, Tokio, Londra, attraverso gli Istituti di Cultura e presso le Ambasciate, grazie anche ai contatti dell'autore.
L'idea e la richiesta di finanziamento del progetto non sortirono riscontro dai palazzi alti della politica regionale, ma scatenarono un grande entusiasmo in Mimmo Castellano il quale considerava Paese lucano un figlio nato male, per averlo partorito in poco tempo e per via delle tecniche di riproduzione delle immagini da negativo non eccellenti, di sicuro non confrontabili con quelle ottenibili dagli scanner e dalle tecniche di ritocco fotografico attuali. A Castellano interessava che il libro, un fantasma misterioso e leggendario, venisse finalmente alla luce dopo quasi mezzo secolo. Del resto, come egli stesso sostiene, le poesie che accompagnano le immagini erano state appiccicate senza nessun senso e risultavano avulse dalle fotografie, visto che «lo stesso Leonardo era poco convinto e la scelta rappresentò un momento della sua stanchezza», visto che quella collaborazione con l'Eni era probabilmente già da esterno. Castellano si rimise subito al lavoro e, per dimostrarmi la differenza tra la fotografia pubblicata e la nuova acquisizione dell'immagine dal fotogramma, ritoccata con una nuova tecnica da lui messa a punto che avrebbe permesso l'emersione di zone nascoste, a titolo di esempio mi inviò tre coppie di immagini, una del libro e una acquisita nuovamente. Tra queste, l'immagine di una signora sull'uscio di una porta. La figura emergeva da un fondo completamente nero con macchie chiare della tenda di stoffa ai margini. Nella nuova versione, con grande sorpresa, dietro la prima figura femminile si notava in ombra una seconda figura, netta e distinta dalla prima.
L'archivio conserva 890 immagini sulla Lucania: un vero cimitero, vista la ressa dei possibili acquirenti.
«Questa operazione avrebbe ridato nuova vita – afferma Castellano – a quegli oggetti nelle case dei contadini e a quei paesaggi incredibili che scoprivo come tesori, che avidamente mettevo da parte nei miei fotogrammi; li avrei poi sviluppati al buio riscoprendoli per una volta ancora».
Io avrei avuto il piacere e l'onore di contribuire a questa rinascita. Da un punto di vista generazionale sarebbe stato un suggestivo ponte attraverso il tempo e lo spazio tra due progettisti grafici che hanno in comune un amore: la propria terra. Come spesso accade nelle più belle e struggenti storie d'amore, quel progetto non vide tuttavia nemmeno quella luce di speranza rappresentata dalla strenna del '64. Gli imprenditori colti dell'epoca, tra cui Enrico Mattei, chiamarono artisti, designer e poeti a raccontare l'Italia e progettare il futuro. Il progetto qui descritto si è invece perso nella miriade di file e convincenti relazioni, spossanti e inutili analisi dettagliate di costi presentati a freddi burocrati che non hanno abbastanza occhi per guardare, che non hanno sufficiente cuore per emozionarsi.
1. Italo Zannier, Storia della fotografia italiana, Editori Laterza, 1986, p. 382
Intervista di Michele Galluzzo a Mimmo Castellano, Trezzano sul Naviglio, 8 maggio 2010.
Quali sono i designer o gli intellettuali di cui maggiormente si è nutrito, che più stimava e che più l'hanno ispirata nel lavoro editoriale?
Indubbiamente Luigi Crocenzi, come già detto. In secondo luogo Leonardo Sinisgalli. Litigavamo pure. Il frutto migliore della relazione che ho coltivato con figure del calibro di Crocenzi e Sinisgalli è stato Paese lucano del 1964, commissionato dalla Eni con la presentazione dello stesso Sinisgalli. Italo Zannier scrisse a proposito di Paese lucano parole lusinghiere, annoverandolo tra le opere più importanti prodotte da un fotografo in Italia nel dopoguerra.
Sinisgalli era nato a Montemurro, comune della Lucania, e nell'esperienza di produzione di Paese lucano mi consigliava di andare per i comuni con la Linhof. Ma spesso in Lucania capitava di arrivare in un paesino e tutti correvano subito a farsi fotografare. A dieci chilometri di distanza, in un altro paesino, accadeva che la popolazione si chiudesse ermeticamente in casa per paura della macchina fotografica. Io quindi mi ero inventato uno strumento: una sorta di periscopio, caratterizzato da un tubo e uno specchio a 45°, che ponevo davanti all'obiettivo in maniera tale da non far percepire ai soggetti di essere fotografati. Era quindi impossibile usare macchine di grande formato; di qui una storica litigata che culminò con un grande abbraccio.
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