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Editoriale, anno II, numero 1

A.II, n.1 (gen 1965)

 

In nome del buonsenso e della prudenza rispunta la reazione. È bastato uno scandalo per rinfocolare le speranze dei tradizionalisti. Dopo la pittura pop tutti sognano il ritorno al ritratto e alla cartolina.
Anche l'austerità nasconde ipocrisia, avarizia, meschinità. La grande industria si toglie la maschera. I miliardari non hanno vergogna di strappare l'elemosina ai mendicanti. Tutti vorrebbero vendere e nessuno vuol comprare. Tutti vogliono guadagnare e nessuno vuol perdere. La finanza e la tecnica si sbarazzano della cultura. I despoti fanno a fette i mandarini. L'industria non ha necessità di esprit. Ha chiesto l'esprit per dirozzarsi, per uscir dalla bottega, dal gergo. Ha chiesto una lingua per guadagnare clienti, utenti, oltre la cinta daziaria, oltre il comprensorio artigianale. Per guadagnare i mercati ha sentito il bisogno di parlare per metafore, per ideogrammi, per simboli, come hanno fatto le religioni. L'industria presa dal panico cede il comando ai ragionieri. Questi mandano al fuoco gli stregoni. Ma il buon senso non basta a reggere neppure un manicomio. Ci vuole la filosofia anche per scegliere i nomi degli strofinacci. Quante storielline andrebbero rispolverate, storielline genovesi, armene, ebraiche, intorno ai mercanti, ai mercati, alla mercanzia! La cosa più bella del mondo sarà la scoperta del senno dei poeti contro l'insensatezza dei politici. Non è detto che prima o poi l'iniziativa non torni alle parole. Vedo i poeti scacciati dalle porte rientrare dalle finestre. Vedo i poeti al loro posto, nelle garitte, dietro una bancarella, agli sportelli, come gli apostoli. Quando il buonsenso sarà disfatto tornerà lo sperpero, il solo lusso dei poveri. Le staff degli intellettuali vengono smantellate non solo a Washington e alle Botteghe Oscure, ma anche a Ivrea, a Cornigliano, all'Eur. La morte di Adriano Olivetti, nel nostro ambito, fu una sciagura tanto grave quanto la morte di Kennedy. Il maccartismo di Montanelli è meno pericoloso del revisionismo dei nuovi taumaturghi espressi dalla congiuntura. Arrivano nei momenti di crisi gli anziani, i priori, a sostituire gli ideologi, gli esteti. Anche i grandi utopisti ebbero paura dei contabili. Ahimè gli intellettuali sono andati nelle fabbriche come andavano nei casini: a prendere appunti! Hanno lasciato all'industria qualche aggettivo, qualche tic, molto rimpianto tra le dattilografe. Tenevano sulla scrivania una rosa e una bottiglia di acqua minerale, inseguivano eternamente il volo di una mosca e il motivo di una petite phrase. Sufficienti con i poveri colleghi routiniers non toccati dalla grazia, si cacavano sotto davanti allo spettro dell'Amministratore Delegato. Per non sporcarsi le mani hanno ripreso a scrivere coi piedi. " Ci pagano per le idee che non ci sono venute ". L'intelligenza disturba. L'industria musona, l'intelligenza gaia, l'industria furba, l'arte ingenua. L'arte rifiuta gli apparati, le gerarchie, concede anche all'imbecille di credersi un genio.
Gli scrittori italiani scoprono qualche carta segreta: Cassola dichiara che la sua lettura preferita è la Gazzetta dello Sport, e Vittorini dice che sono i libri di cibernetica. I filosofi accolgono nelle loro discoteche le voci della Pavone e della Cinquetti. Il Corriere della Sera scioglie un inno alla civiltà delle macchine. I filosofi fanno la radiografia dei fumetti.

 

30 Gennaio 2012

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