Una vita in mostra
Esposte a Macerata le opere, le collezioni d' arte, i libri di Leonardo Sinisgalli
Mario Novi
la Repubblica - Sabato, 10 settembre 1988 - pagina 33
MACERATA. In un biglietto di vent' anni fa, indirizzato a Leonardo Sinisgalli in occasione dell' uscita di un suo libro dal titolo Archimede I tuoi lumi, i tuoi lemmi!, Gianfranco Contini tra l'altro scriveva: ...tu sei un partigiano della Ragione a cui l'analogia dell' invenzione matematica suggerisce continue infrazioni di Disragione, a loro volta continuamente riassorbite nella Ragione. Queste parole sono assai utili, anzi direi indispensabili, a chi visiti la mostra Le muse irrequiete di Leonardo Sinisgalli (1909-1981), attualmente in corso nelle sale di Palazzo Ricci. E' proprio, infatti, il fervore dell' analogia (che nel caso di Sinisgalli poeta, matematico, designer, letterato, artista, critico, scienziato, collezionista diventa un sentimento-pensiero di straordinaria tensione) a svelarci la parentela segreta del binomio parola e immagine che, tra manoscritti, disegni, frontespizi e dipinti, costituisce l' insolito look della rassegna. Rassegna singolare, complessa, non facile: perché si tratta, in sostanza, della mostra di una persona e della sua vita; una mostra che raccoglie ed espone opere dirette, come i ritratti degli amici e dei parenti illustri eseguiti da Sinisgalli, e opere-fatti indiretti, come i molti quadri da lui collezionati; testimonianze visibili come i manoscritti, e testimonianze invisibili come certe frasi o titoli che, a chi lo abbia letto, subito rammentano libri e studi del poeta lucano (Sinisgalli era nato a Montemurro, in provincia di Potenza), da Campi Elisi a Quaderno di geometria, da Furor mathematicus a Horror vacui; se non, addirittura, qualche verso: Ora nello sfacelo della mia giornata mi resta un po' di polvere in pugno.... Singolare è d'altronde anche la vicenda esistenziale di Sinisgalli. Si laurea a Roma in ingegneria e, già in procinto di unirsi al ristretto gruppo degli allievi di Fermi, avverte, pur se attratto dalla scienza pura, un estro tutto diverso e si volge alla letteratura e all'arte. Sono gli anni Trenta: gli anni dell'amicizia con Libero De Libero, con Scipione, con Mario Mafai, delle salette del caffè Aragno, dell'incontro con Ungaretti. Poi raggiunge Milano, dove comincia il suo curriculum o, come diceva lui, il matrimonio con l'industria, che durerà tra alti e bassi fino agli anni Settanta, e dove fonda, dopo essere stato art director della Olivetti, la famosa rivista Civiltà delle macchine. La quale fu presto, come osserva il curatore della mostra Giuseppe Appella nel saggio introduttivo al catalogo, la prova che le due culture, l' umanistica e la scientifica, potevano convivere e integrarsi a vicenda. E intanto scrive, viaggia, disegna. Il disegno, confessa, è stato un' espressione naturale, quando io e la poesia abbiamo litigato in modo più violento del solito. Forse è anche una questione di gelosia: la poesia pretende l'amore assoluto, è soffocante. Il disegno no, è confortante, amico, ti aiuta quando ne hai bisogno e non ti chiede nulla in cambio. Tra i suoi disegni (acquerello-inchiostro e pastelli) colpiscono particolarmente, oltre alle carte assorbenti e a un manoscritto dedicato a Carrieri, i ritratti (ne abbiamo accennato) degli amici; per esempio Con Ungaretti al Cairo, Bruno Barilli, Carlo Emilio Gadda e la cognizione del dolore, l'Abbozzo di un ritratto di Landolfi, Alfonso Gatto à la musique ed Eugenio Montale, colto in uno dei suoi atteggiamenti più abituali (l'indice accostato all'orecchio) che ci fa venire a mente, vedi caso, un'antica definizione di Raffaele Carrieri: Montale: la mestizia del tarlo. Accanto al settore della mostra dedicato al Sinisgalli bibliofilo, che seleziona un gruppo di volumi rari, con opere grafiche originali, dai primi del Novecento agli anni Settanta (c' è anche Les fleurs du mal dell'amatissimo Baudelaire in una edizione del 1916) e a quello riservato alle riviste fondate e dirette dallo scrittore (Pirelli, La botte e il violino, Il quadrifoglio, oltre alla Civiltà delle macchine), il settore che s' intitola al Sinisgalli collezionista rimane tra i più avvincenti. Si tratta della collezione (ricostruita in quanto dispersa in gran parte negli ultimi anni) di un poeta che con i pittori ha diviso le sigarette e le modelle, ha frequentato i loro studi, ha scambiato libri e cravatte. E del quale, grazie al catalogo, si conoscono anche i pareri sui vari artisti. Qualche nome (sono più di centocinquanta pezzi), fra i tanti. Burri: lavora sulla materia... con la serietà di un modellista e la perversità di un fattucchiere. Consagra: respinge la riflessione, accetta il giuoco, la scommessa, l'hasard. Il pensiero è nemico della felicità. Morandi: sapeva quanto spessore di memoria (non di materia) è necessario che una sensazione percorra per diventare immagine. Fontana: voleva portare il cielo in una stanza. E poi Savinio, Vedova, Michaux, Dali, Perilli, Tapies, Novelli, Afro, Cagli, Boccioni. Questa mostra di Macerata è, in definitiva, anche il ritratto di un'epoca. Ci trasmette il culto dell'intelligenza che, in quegli anni, diciamo dal Trenta al Cinquanta, fu mito intoccabile: intelligenza come tramite tra vita e letteratura, tra quotidianità e arte. E anche ci ricorda, quasi attraverso un'eco fioca, quella vicinanza tra letterati-scrittori ed artisti da cui risultò chiaro che il poeta amico capiva il pittore meglio di un critico. Scrisse Roberto Longhi al proposito: Noialtri interroghiamo, i poeti indovinano. E, last but not least, ripensando la mostra si avverte anche un remoto odore di cenacolo, di conversazioni al caffè, di amici che si ritrovano nello stesso magico posto con una stessa volontà-convinzione: Trasformare una suppellettile in un idolo, una frase in un messaggio, una realtà frusta in un sentimento. Irrequiete e insistenti, quelle vecchie muse.
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