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Sinisgalli e le riviste tecnico-industriali

Giuseppe Lupo

"Poesia", anno XIV, febbraio 2001, n. 147.

Trasferitosi da Roma a Milano nei primissimi anni Trenta, l'ingegnere-poeta Leonardo Sinisgalli inizia la lunga e intensa attività di consulente pubblicitario presso alcune fra le più importanti aziende dell'epoca: la Società del Linoleum nel biennio 1936-1937 e, dal '38 fino alla guerra, la Olivetti, dove viene chiamato a dirigere l'Ufficio Tecnico di Pubblicità. Nel capoluogo lombardo viene in contatto, tra l'altro, con il critico d'arte e maître à penser Edoardo Persico, responsabile del mensile d'architettura "Casabella", con l'ingegnere Giò Ponti, direttore del periodico "Domus", con il grafico-tipografo Guido Modiano, che lo invita a collaborare a "Edilizia Moderna", con il gruppo dei pittori astrattisti radunati intorno alla Galleria "Il Milione", uno dei quali, Luigi Veronesi, illustra il suo Quaderno di geometria, apparso su "Campo Grafico" nel 1936.

La natura multiforme e non occasionale delle collaborazioni di Sinisgalli ai periodici milanesi risente senza dubbio del clima utopico in cui germinano importanti fenomeni culturali, nati all'incrocio tra poesia e letteratura, arti figurative e arti applicate, architettura e pubblicità, scienza e progetti urbanisti-coindustriali.

Ponendosi sin dalla giovinezza a cavallo di esperienze metodologiche apparentemente in contrasto quali la matematica e la poesia, Sinisgalli si propone all'attenzione dei lettori come una delle figure più 'impure' e versatili del panorama letterario novecentesco, vero e proprio erede di una cultura la cui origine, risalendo il corso dei secoli, va individuata nella settecentesca Milano dei lumi e, ancor più a ritroso, nella inquieta personalità di Leonardo da Vinci. Non per nulla al genio toscano Sinisgalli dedica negli anni Quaranta una particolare attenzione, dalle Note vinciane minori, pubblicate sul mensile "Sapere" in occasione della mostra leonardesca inaugurata a Milano nel 1939, fino ad alcuni capitoletti di Horror vacui (1945) e del Furor mathematicus (1950). Ci sono diversi motivi che inducono a considerare l'esperienza di Leonardo un aspetto cruciale dell'attività sinisgalliana negli anni immediatamente seguenti la fine della guerra. Da un lato si percepisce la volontà di rivendicare finalmente, attraverso Leonardo, il principio di modernità culturale da realizzare nel dialogo tra il versante matematico e quello poetico, dall'altro la tenacia nel proporre l'impegnativo programma di un neo-umanesimo. Tutto ciò si realizza nei due periodici 'industriali' di cui Sinisgalli è stato l'ideatore e il fondatore: "Pirelli" (1948) dell'omonima azienda milanese, e "Civiltà delle macchine" (1953) della Finmeccanica. In un periodo coevo all'esperienza della rivista olivettiana "Comunità", in cui si afferma l'utopia di una fabbrica 'città dell'uomo', Sinisgalli tenta il dialogo tra le due culture. Su "Pirelli", per esempio, i nomi di Ungaretti, di Montale, di Gatto, di Quasimodo, di Baldini, di Vergani, di Carrieri, di Bernari affiancano quelli di scienziati e ingegneri (Canestrini, Ambrosini, Verrati, Cesura, Nutrizio, Mino-letto, Decirato), che discutono di relatività e di astronomia, di razzi e di satelliti, di atomi e di macchine.

Non meno ambiziosa appare la concezione che è sottesa al bimestrale "Civiltà delle macchine". "L'inverno del 1953 ­ ricorda il poeta di Montemurro in un'intervista a Ferdinando Camon del 1965 ­ a Roma in un Ufficio di Piazza del Popolo, quando misi a fuoco il progetto di 'Civiltà delle macchine' [...] la cultura dell'Occidente era rimasta incredibilmente arretrata e scettica nei confronti della tecnica, dell'ingegneria. Voglio dire che erano sfuggite alla cultura le scoperte di Archimede e di Leonardo, di Cardano e di Galilei, di Newton e di Einstein. Io volevo sfondare le porte dei laboratori, delle specole, delle celle. Mi ero convinto che c'è una simbiosi tra intelletto e istinto, tra ragione e passione, tra reale e immaginario. Ch'era urgente tentare una commistione, un innesto, anche a costo di sacrificare la purezza".

Tra i due periodici intercorrono non pochi rapporti di parentela. Nel quinquennio 1948-1952, sotto la direzione di Sinisgalli, "Pirelli" ospita cinque articoli sull'interpretazione dell'opera leonardesca, l'ultimo dei quali reca la firma dello stesso Sinisgalli. "Civiltà delle macchine" si apre all'insegna di un'ideale continuità, recando sulla copertina del primo numero venticinque disegni di uccelli estratti dalla raccolta del comandante Giacomelli: "l'interprete più acuto degli studi leonardeschi sul volo", aggiunge Sinisgalli nella già ricordata intervista a Camon.

In nome di questa coraggiosa "commistione", di questo "innesto" dalla milanese "Pirelli" alla romana "Civiltà delle macchine" si attua, tuttavia, un passaggio ancora più interessante. Alla testata collaborano non solo letterati e scienziati, ma addirittura i poeti e i pittori si mettono in viaggio per conoscere le macchine: Salvatore Quasimodo e Domenico Cantatore si recano alle officine S. Eustachio di Brescia, Giorgio Caproni e Renzo Vespignani visitano i Cantieri navali dell'Ansaldo di Genova e la Centrale idroelettrica di Galleto-Papigno, Libero De Libero e Michele Prisco vanno all'Aerfer e alla Fabbrica Metalmeccanica Italiana di Napoli, Franco Gentilini alle Industrie Siderurgiche di Cornigliano, Orfeo Tamburi alla Centrale di Meudon, Mario Mafai agli Stabilimenti Siderurgici di Pozzuoli.

Lo spirito che anima "Civiltà delle macchine" non muore nel 1958, quando le vicissitudini editoriali e aziendali costringono Sinisgalli ad abbandonarne la direzione. Il progetto incominciato negli anni milanesi, all'ombra delle intelligenze di Edoardo Persico e di Adriano Olivetti, rimane pressoché inalterato anche nei due ultimi magazine realizzati ancora una volta tra Roma e Milano, per conto della Mobil Mim e dell'Alfa Romeo: "La botte e il violino" (1964) e "Il quadrifoglio" (1966).

29 Gennaio 2012

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