Le metafore invecchiano
III, n. 4 (lug-ago 1955)
Dal 9 marzo al 31 maggio sono usciti sul Corriere della Sera i ventinove annunci che la Finmeccanica ha dedicato alle produzioni più significative del Gruppo di aziende industriali raccolte sotto la sua guida e il suo controllo. Per raccogliere in unità la varietà, per saldare un circolo, per stabilire un circuito e avvicinare, nel vasto panorama, cantieri e officine, aghi e supercisterne, carpenteria e strumenti di precisione, dinamo e diesel, elettrotreni e ciclomotori, si è ricorso a una catena di messaggi, a una serie numerosa di richiami, si è ricostruito un fiume con le acque degli affluenti. Questa operazione supera il mero tornaconto pubblicitario, certamente non lo esclude: i risultati vanno al di là dell'aritmetica, diventano ars combinatoria. E' stato un bisogno di lealtà, un imperativo, che ha costretto la Finmeccanica a informare il pubblico intorno al suo lavoro, e presentare non un bilancio di cifre ma un consuntivo di opere, di fatiche, di speranze. Un'azione del genere sarebbe stata superflua in un paese preparato a una diversa morale giornalistica a un bisogno più sentito d'informazioni serie. Il Corriere della Sera è una basilica, e noi ci siamo assicurati per tre mesi il pulpito meglio esposto. I nostri sermoni più che rifarsi alto stile dei quaresimalisti, Donne, Segneri, Mabillon, si sono conformati ai rendiconti, alle scalette stenografiche, agli indici, all'antirettorica del codice di commercio e delle comunicazioni cifrate. A pia di 1 000 000 di lettori, a una platea tra le più vaste che si potessero desiderare (né Cicerone, né Demostene, né Disraeli hanno avuto tanto; soltanto Lippmann, i fratelli Alsop, Raymond Cartier, Montanelli, etc. possono usufruire di questo anfiteatro che qualche volta e ampio come un continente, ma in genere non è mai più piccolo di una provincia) noi abbiamo ricolto ventinove proclami scritti e figurati, ventinove locandine potremmo dire prendendo a prestito un vecchio vocabolo che il cinema ha rubato al teatro. Ci siamo sforzati di essere seri senza diventare noiosi, abbiamo voluto interessare e far partecipe il lettore più che ingannarlo e al fine deluderlo. Non ci siamo mai illusi che si possano guadagnare adepti, o clienti, o utenti, afferrandoli per le parti basse. E neppure toccandoli al cuore. Ahimè, noi crediamo davvero che il buon senso e la cosa meglio distribuita al mondo, come dice Cartesio nelle prime righe del Discours sur la methode. Com'è nata la necessità di questa catena di messaggi? E' nata per appoggiare l'esposizione di prodotti Finmeccanica alle grandi Fiere di Verona, di Milano, al Salone di Torino e introdurre alla Fiera di Trieste e alla Mostra internazionale del petrolio di Napoli. Ma, innanzitutto, per far conoscere a un pubblico qualificato, sia pure per titoli e segni, sia pure allineando — come nei proclami di Cesare e nei taccuini di Leonardo da Vinci — pile di sostantivi e numeri descrittivi di macchine e strumenti. Pubblicità industriale ne era stata fatta ai tempi dell'autarchia sui quotidiani fascisti. I vari gruppi monopolistici sostenevano con pingui impegni pubblicitari la stampa del regime. Erberto Carboni trovò alcune espressioni grafiche che ancora si ricordano; c'erano fili, intrecciati e fotografie scontornate, retinate a grossi punti, sospese nella pagina come uccelli o astri nel cielo; erano pagine e sembravano soffitti, con arditezze prospettiche ben congegnate. Si poteva pensare a un Tiepolo del Novecento sceso negli scantinati delle rotative.
Più monumentali, se pure un poco più pesanti, certe soluzioni a grossi colpi di bianco, di nero e di grigio, portavano nientemeno la firma di Sironi. Grandi pagine fatte di carbone e di biacca che parevano traduzioni di bassorilievi romani o ingrandimenti spropositati di piccoli schizzi annotati su un quaderno. Mondaini porta sui giornali la tecnica dell'affiche, fece lavorare le lettere e i volumi in blocchi eloquenti. Poi arrivarono i contributi degli architetti, Nizzoli, Figini e Pollini, Nivola e Pintori, che trasformarono la plastica, il tutto tondo, in grafismo, e composero sul bianco della pagina facciate e vetrine (di un gusto che oggi potremmo dire neoclassico per stabilire subito una parentela con l'astrattismo allora in cuna) secondo un'interpretazione che a quei tempi Le Corbusier aveva dato all'architettura. Per due o tre anni, e forse più, sembrò che la fotografia fosse l'ingrediente indispensabile di un colloquio par image. «Une image vaut mille paroles» ripete un proverbio cinese che ancora sta scritto dietro la mia scrivania, alla Olivetti, alla Pirelli, alto Stato Maggiore, e qui in via Torino, a Roma. Ma con gli anni la scelta dell'immagine, dei titoli, degli argomenti, si è fatta più severa. Alla liberty, all'estro, al puro analogismo venne sostituendosi un'espressione più intrinseca, più serrata. In un primo tempo fu l'esprit de géometrie a combattere la retorica. Ma risultava cerebrale e, a lungo andare, noioso. Poco partecipe, poco umano. Poi ci furono le punture di surrealismo, ma era sempre un modo di prendere di sbieco l'interlocutore, di parlargli di lato e, peggio, di dietro. L'analogia è scaduta nella rivalutazione di un curioso bric à brac, della rigatteria. Ancora oggi la serie Carboni per Bertolli, perfino la serie Bonini per Pirelli e la Linoleum ci lasciano delusi e un po' infastiditi. Si capisce che l'oggetto da trasformare in idolo non è stato penetrato nelle sue virtù, nei suoi misteri. E ci si contenta di metafore troppo facili e poco penetranti. La facile metafora allontana la «cosa», fa divagare anziché riflettere. E, poi, il lettore ha oggi una cultura visiva e tecnica molto diversa da quella di dieci anni fa. Se vuole sofisticare ricorre a Picasso, se vuole eccitarsi va al cinema, il cinema-cochon. La cultura moderna, da Mondrian a Pevsner, ha aiutato moltissimo i nostri disegnatori pubblicitari, ha aiutato noialtri che dobbiamo presentare meccanismi, non bibite e profumi. Credo che ormai il richiamo (della foresta, disse qualcuno) al bel sorriso o al bel seno agisca motto fiaccamente sul lettore d'oggi, più o meno ipocrita. Attraverso la vasta opera di divulgazione delle riviste tecniche e delle pubblicazioni aziendali, e lo sviluppo delle scuole professionali e di avviamento al lavoro, il lettore d'oggi «gusta» probabilmente molto più l'architettura di un reticolo cristallino, o le finestre di una scheda perforata, o il profilo di un utensile che non la sagoma della Lollo o le pupille di Marta Toren. Gli occhi sono più apprensivi, più colti, più intelligenti. Il cinema e le riviste a rotocalco hanno esautorato abbondantemente il fascino del mondo reale. Anche la diffusione in tricromie dell'arte moderna e le grandi mostre che rispolverano i tesori dei musei e che portano, nella strada, Caravaggio e Van Gogh, gli olandesi e metafisici, Picasso e Lorenzo Lotto, hanno reso smaliziati i nostri contemporanei. Per questo il ciarpame figurativo delle tante serie di annunci recenti non può adescare neppure i gonzi.
I gonzi sono tutti morti, i gonzi siamo noi se non consideriamo il pubblico altrettanto intelligente quanto noi presumiamo di esserlo. Parlare a un milione di persone e adoperare per queste la scrittura curiale, la scrittura nobile, la calligrafia, mostrare verso tutti — il lettore dei fatti di cronaca, il fanatico degli annunci funebri, lo spigolatore di curiosità, donnetta, travè, operaio — la stima e il rispetto che si porterebbe a un principe: questo proposito ci ha guidati nella scelta del linguaggio più moderno, più impegnato.
L'operazione è stata preparata in molti mesi, i testi sono stati corretti e ricorretti, le figure, i corpi dei caratteri, gli spazi bianchi calcolati al millimetro, i neri pieni e i profili sono stati assaggiati e ritentati con pazienza di amanuensi e di monaci. Un amico messicano molto versato in problemi di gusto, ha trovato nella serie di questi annunci un segreto, un fascino da «scrittura cinese». In verità è difficile fabbricare cose degne, non dico i capolavori, se il genio non sposa la pazienza. Si possono improvvisare le barzellette o gli scarabocchi. Tra la diffidenza e la sorpresa dei competenti, presto però mutatesi in attenzione e riflessione, Tovaglia impostò fin dal primo annuncio i testi obliqui, le pennellate cubiste di grigio tipografico sul bianco che scontornava l'immagine, le righe multiple parallele tra loro, e a blocchi ortogonali, che nell'insieme trasformavano un edificio grave e severo in un corpo più leggero, quasi oscillante, acrobatico.
Preferenza per la diagonale più che per i cateti, l'effetto di questo «scherzo» (arabo, moresco, più che classico o rinascimentale) ha molto contribuito all'eleganza del risultato d'insieme. La losanga ha avuto ragione del quadrato, seduto e inerte. Un'altra acquisizione stilistica, che vale per sempre e per tutti, e stata l’eliminazione della fotografia. Gli annunci di Grignani per Chlorodont, molto rispettabili, che trasformavano una pagina di giornale in manifesto, avevano esaurito i rimasugli del fascino affidato al bromuro. La fotografia è caduta come il cigno, nell'ultima nota dell'ultimo canto. Avremo un abuso del bianco e nero? Benissimo. Dopo il cellophane ben vengano le rose ravvolte nei fogli gialli della carta per le sardine. Credo però che l'utilizzazione del bianco e nero sia ancora di là da venire; le possibilità sono infinite, illusioni ottiche, rebus, illustrazioni ottocentesche (perfino Longanesi può suggerirci qualcosa al riguardo). Ma non bisogna farsi incantare da soluzioni semplicistiche, tipo Pellizzari. Non bisogna riprodurre la lavagna, la tavola pura e semplice di un manuale Hoepli. Bisogna evidentemente andare oltre; e basterebbe ricordare le tavole dei libri di fisica pubblicate da Sonzogno e da altri editori popolari, divenute oggi prelibate al palato surrealista, e le silografie e le litografie dei vecchi trattati di ottica, di meccanica, di geometria, da Della Porta all'eterno Agostino Ramelli. Questo però è ancora letteratura, e forse soltanto bibliofilia. Io credo che bisogna intendere meglio il prodotto, qualunque sia, conoscerne la storia e i segreti. C’è sempre un incredibile, un enigma da sciogliere, una punta di miracolo nella nascita di qualunque cosa, dalla bolla di sapone al turbogetto. Bisogna scovare questo punto, questo buco. Abbiamo visto in questi mesi che i nostri annunci hanno fatto testo. Meno spreco di «paginone» vuote e presuntuose (per le benzine, per i gas in bombole, per i panettoni, per le acque minerali, per i dentifrici). Le firme più serie, le industrie, Olivetti, Pirelli, Agip, si sono orientate per le 3, 4, 5 colonne contornate di piccoli avvisi economici. La tipografia e i testi sono diventati più precisi, più ariosi in mezzo al bianco; è innegabile, però, un certo peso della routine a scapito della invenzione, dello scatto, della sorpresa. Si diventa manieristi, più bravi tutti, e si vorrebbe già un errore, un azzardo, una piccola follia. L'Italia spende parecchi miliardi in annunci dati alla stampa quotidiana. Sono miliardi spesi in insalata. Difficilmente dalle pagine scappa fuori una farfallina. Solo insalata.
Elenco per data,
settori di produzione e relativi simboli degli annunci Finmeccanica.
- 9 marzo 1955. Macchine per l'agricoltura: Ansaldo-Fossati; trattore pesante Diesel cingolato.
- 11 marzo. Macchine per l'agricoltura: Motomeccanica: uomo con pala preso da una scultura dell'Antelami.
- 13 marzo. Macchine per l'agricoltura: Soc. Meccanica della Melara; bue meccanico che commemora il connubio trattore-terra.
- 16 marzo. Macchine per l'agricoltura. Ansaldo-San Giorgio; stampa in negativo di una antica portatrice d'acqua. L'annuncio riguarda le elettropompe e i motori elettrici.
- 20 marzo. Macchine tessili: S. A. Fonderie Officine di Gorizia (SAFOG); disegno di un tessuto, ottenuto per sovrapposizione di due reticoli puntiformi.
- 25 marzo. Macchine tessili: Soc. Meccanica della Melara; spola e fuso di una moderna macchina da lana;
- 29 marzo. Tessili: Aghi Zebra San Giorgio, aghi per macchine da calze e maglieria; viene esaltata la sagoma accidentatissima e sottile degli aghi.
- 31 marzo. Macchine tessili: Officine Mecc. Ferr. Piatoiesi; assortimento di carderia con 3 grandi carde e 18 cilindri lavoratori; disegno al tratto uniforme.
- 3 aprile. Macchine utensili: Stabilimenti di S. Eustacchio; truciolo lungo di un tornio di grande precisione; il truciolo scorre su tutta l'altezza della pagina.
- 7 aprile. Macchine elettriche di serie: Ansaldo-San Giorgio; schema di una macchina elettrostatica, ricordo scolastico dell'elettricità.
- 10 aprile. Paperino a superpaperino: Industria Meccanica Napoletana; è riprodotto un Paperino calligrafico.
- 12 aprile. Ottica: Filotecnica Salmoiraghi; un prisma cristallino che sfaccetta una figura d'altri tempi.
- 15 aprile. Impianti frigoriferi: Termomeccanica Italiana; il bucaneve, disegnato a carbonella.
- 17 aprile. Centrali idroelettriche: Ansaldo - San Giorgio; cassa di turbina Francis a forma di chiocciola della centrale «Terni» di Monte Argento.
- 20 aprile. Elettrodomestici: Soc. Elettrodomestici San Giorgio; stampa antica di un Eolo che soffia in sembianza di cherubino.
- 23 aprile. Valvole elettroniche: Marconi Italians; disegno tecnico di un triodo ad alto vuoto Marconi per impianti fonotelegrafici.
- 26 aprile. Circuiti elettronici. Microlambda; il noto intreccio di cavi di un apparecchio radar celebrato anche in una copertina di «Civiltà della Macchine».
- 30 aprile. Automobili: Alfa Romeo; ritratto, da una stampa, di Giulietta e Romeo, con la sagoma meccanica sovrimpressa della automobile «Giulietta» sprint.
- 3 maggio. Autoveicoli industriali: Alfa Romeo; tre facce di uno stesso volto che commentano multiformi adattamenti cui si presta l'autobus «Romeo».
- 5 maggio. Centrali termiche: Ansaldo; rotore di una turbina a vapore, con le raggiere della palette di alta, media e bassa pressione.
- 8 maggio. Strumenti di misura: Filotecnica Salmoiraghi; una stadia per tutta l’altezza della pagina.
- 11 maggio. Superpaperino a Baio: Industria Meccanica Napoletana; intreccio delle linee dei due veicoli.
- 14 maggio. Filobus, autobus: Alfa Romeo, Industrie Meccaniche a Aeronautiche Meridionali (IMAM), Officine Mecc. Ferroviarie Pistoiesi; Sagoma di un filobus.
- 17 maggio. Iniettori e candela: Spica; una manciata di stelle per simbolizzare le scintille, da una stampa.
- 19 maggio. Motori Diesel: Ansaldo, Cantieri Riuniti dell'Adriatico, Alfa Romeo, Navalmeccanica, Spica; bolle della miscela combustibile di nafta e aria per motori Diesel.
- 22 maggio. Nuova San Giorgio; profilo di una macchina da calze.
- 26 maggio. Aeronautica: Aerfer Officine di Pomigliano per Costruzioni Aeronautiche e Ferroviarie; figure di guerriero con faretra, dal nome del nuovo velivolo da cassia «Sagittario II».
- 28 maggio. Trasporti marittimi: Cantieri Riuniti dell'Adriatico, Ansaldo, Navalmeccanica; flotta di navi cisterna in silhouettes.
- 31 maggio. Impianti industriali: Ansaldo, Cantieri Riuniti dell'Adriatico, Navalmeccanica, Termomeccanica Italiana, Stab. Meccanici di Pozzuoli, Fabbrica Macchine Industriali, S. A. Fonderie Officine di Gorizia (SAFOG); intreccio metallico di una complessa struttura di capriata.
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