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Versi satirici di Maxwell

I, n.2 (marzo 1953)

 

FARAD E OHM, VOLT E VETTORI, DYNE ED ERG NELLE SATIRE IN VERSI DEL GRANDE FISICO INGLESE

 

Abbiamo ricavato queste stravaganti parodie dello scienziato inglese da un articolo di I. Bernard Cohen, professore di storia della scienza ad Harvard, apparso su «Scientific American». Molte s'indirizzano a temi e scoperte della fisica e all'attività dell'Associazione Britannica per il Progresso della Scienza, altre sono legate ad argomenti d'improvvisazione e arricchiscono e ingentiliscono la satira attraverso il bisticcio del linguaggio comune con quello prettamente scientifico.

La stranezza che assume ai nostri occhi questo sorprendente lato della personalità di un grande fisico non finisce di dilettarci, forse perchè molto ci meraviglia, ma è anche il segno delle aperture di cui dispone un felice intelletto per gli atteggiamenti di un freschissimo humour.

Maxwell non scrisse le parodie per pubblicarle, ne compose molte sotto forma di lettere indirizzate al suo buon amico e collega in fisica Peter Guthrie Tait. Fortunatamente Tait le conservò e ne vide la pubblicazione. Parecchie furono stampate in «Nature» e nella rivista «Blackwood». Secondo la tradizione dei satirici, Maxwell usava uno pseudonimo. Firmava i suoi versi «dp/dt», sigla che proveniva da un'equazione che Tait aveva scritto per esprimere la seconda legge di termodinamica:

1/ M = J C

J era l'equivalente di «Joule», C indicava la funzione di Carnot ed M il quantitativo del quale il calore doveva essere accresciuto per aumentare il volume del gas di un'unità, mentre la sua temperatura è costantemente mantenuta. Quando la M viene trasportata, l'equazione esprime le iniziali di Maxwell:

1= J C M(James Clark Maxwell).

Maxwell andava matto per infiocchettare di epiteti l'Associazione Britannica per il Progresso della Scienza, alla quale egli spesso si riferiva, chiamandola: «Asino Britannico». La riunione dell'Associazione che fu tenuta nel 1874 a Belfast, generò parecchi commenti in versi di Maxwell. Scrisse la seguente epitome sul saluto dato dal Presidente al Congresso:

... e alla fine alcuni uomini di straordinario potere
soppiantarono Demoni e Dei con gli atomi che durano tutt'ora.
«Dal nulla viene il nulla», ci dissero, «nulla accade per caso, ma per fatalità.
«Ci sono soltanto atomi e vuoto, tutto il resto è pura fantasia, al di fuori della realtà!».
... Così tracciando un sentiero mai prima calpestato,
il poeta filosofo canta le semenze del possente mondo, il principio delle cose:
come liberamente egli sparpaglia i suoi atomi, prima del principio degli anni;
come le riveste di forza per guarnirle queste piccole incompressibili sfere!
Neppure le lascia senza cuore, le dota di odio e di amore,
proprio come i piccoli sferici Asini Britannici in stato infinitesimale...

Nella riunione del 1876, tenuta dall'Associazione a Glasgow, l'amico di Maxwell, Tait, fece una prolusione per richiamare tutti a una maggiore accuratezza del linguaggio scientifico; volle dare una dimostrazione che la «forza» secondo il significato di Newton, nello stretto senso della parola, non ha un'esistenza reale, ma è una pura variazione di spazio dell'energia. Maxwell pronto scrisse a Tait:

Sì, Asini Britannici, vi aspettate di udire sempre qualche cosa nuova...
Non ho nulla da dire...
poichè Tait viene con il suo contrappeso e la sua linea
rapido, a sorprendere il vostro vecchio guazzabuglio rivestito a nuovo in ciò una fine conferenza che voi chiamate
una fine conferenza popolare...
Attenzione! Tait scrive in lucidi simboli,
chiara, una piccola equazione:
e forza diventa dell'
energia una pura variazione di spazio.
Forza allora è forza, sì ma attenzione! non una cosa soltanto, un Vettore;
le frecce barbute hanno or perso il pungolo,
Spettro impotente!
Il Tuo regno, o Forza, è finito!...
... L'universo è libero da polo a polo,
libero da tutte le forze.
Rallegratevi stelle! simili a Dei benedetti
sì, ruzzolate in avanti nella vostra corsa.

Non più le frecce della razza di Wrangler
colpendovi vi feriranno,
le forze non più, simboli di disgrazia,
osano circondarvi...
Tu bravo Tait! che conosci così bene la via
della Forza da sparpagliare,
con calma attendi il lento, ma sicuro decadimento,
anche della Materia...

Maxwell fece alcune rime su soggetti non strettamente legati alla fisica. Una delle sue poesie fu intitolata «Una Visione di un Wrangler, di una Università, di una Filosofia...». E un'altra: «Righe scritte sotto la convinzione che non è saggio leggere Matematica in novembre quando il fuoco è spento». Compose «Una Valentina ad un impiegato del telefono e viceversa» che finisce con questo scambio di messaggi:

Oh dimmi, quando lungo la linea
dal profondo del mio cuore il messaggio vola,
che correnti sono introdotte nelle tue?
un tic da te pone fine ai miei voti.
Attraverso molti Ohm il Weber volò
e riportò la risposta.
Sono il tuo Farad, vero e forte
caricato un Volt d'amore per te.

Vi sono anche un paio di poesie che Maxwell chiama «Lezioni alle donne sulla fisica». La seconda finge di essere una risposta di una studentessa al «Professor Chrschtschonovitsch» dopo la sua lezione sul C.G.S., sistema di unità:

Primo Dottore di filosofia
dell'Accademia di Heildelberg!
La somma della sua energia vitale
non forma che una milionesima parte di un erg!
Il suo moto più, vivo potrebbe esser calcolato
in un decimo di metro di secondo.

L'aria, lei disse in bel linguaggio,
l'aria — che con un megadyne
ogni centimetro comprime —
è soltanto molecole in movimento...

... Quando accordavo la chitarra
«questa corda, ella disse, è legata troppo lontana,
queste quaranta dyne, almeno troppo strette!».
E mentre cantavo, mi precisava,
quante stonature c'erano nei miei acuti...

Mi prese la mano, facendomi male
nel torcere un polso così delicato,
mi disse che quella slogatura
mi avrebbe attorcigliato come una vite...

Ciascun capello di ciascuna treccia (che
senza dubbio immaginava mia),
attirava verso di lei la sua imponente forza,
dica, di un megadyne!

17 Giugno 2023

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